Maiali decapitati e pestaggi |La mafia militare dei Nebrodi - Live Sicilia

Maiali decapitati e pestaggi |La mafia militare dei Nebrodi

Azioni militari per mano di boss e picciotti. Ecco cosa hanno scoperto i carabinieri.

LE FOTO CHOC
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CATANIA – E’ descritta nei faldoni dell’inchiesta Nebrodi – a cui il Mensile S in edicola dedica uno speciale – dei carabinieri l’esclation di violenza e terrore che si è consumata in questi ultimi mesi nelle campagne tra Bronte, Maniace e Cesarò. Nel mirino tre allevatori che sarebbero stati costretti dalla squadra del boss Turi Catania e di Giovanni Pruiti a vendere a prezzi stracciati i loro terreni. Le violente pressioni si susseguono dall’estate scorsa fino a pochi giorni prima del blitz. Il primo episodio denunciato è quello dell’uccisione dei maiali che vengono “esposti” nell’azienda agricola di Cesarò di una delle vittime. Sulla parete disegnate tre croci, questo il numero dei soci dell’affare dei 130 ettari, e due G, come l’iniziale del nome di due colleghi. Caso vuole che nove giorni prima era stato firmato il preliminare di vendita dei terreni. I carabinieri fanno scattare le intercettazioni e seguono in diretta alcuni incontri con Pruiti, che aveva rimproverato uno dei venditori ad aver preso l’iniziativa “senza passare da lui” (cioè senza chiedere l’eventuale autorizzazione). La minaccia sarebbe stata precisa: “Dovevano desistere, e si sarebbero dovuti rassegnare a perdere la caparra”.

Tremano le voci degli allevatori, c’è chi ha paura di trovare la “macchina bruciata”, ma si fa forte anche la voglia di “non perdere il denaro”. In una delle conversazioni si commenta come uno dei soci “lo avevano fatto cagare (spaventare, ndr)”. Emerge anche dalle registrazioni che “qualsiasi lamentela” non avrebbe portato alcun risultato. Per gli investigatori il personaggio che avrebbe potuto ascoltare “le lamentele” sarebbe stato “lo zio Turi” (Catania) e il fatto che il boss di Bronte non avrebbe risolto alcunché era perché era la mente criminale del piano di intimidazione. A fine agosto i tre allevatori subiscono un furto di bestiame. E nelle mani di uno dei tre arriva anche un contratto da stipulare con un parente di Giovanni Pruiti. A settembre sembra esserci un po’ di pace, ma è solo una calma apparente. Il 2 ottobre uno dei tre trova nella sua proprietà un mazzo di fiori e un biglietto con scritto “….Arrivasti siggiti” (il tempo a disposizione è finiti, vedi di fare quello che devi…) L’imprenditore contatta i due soci al telefono e parla di “aver ricevuto un regalo”. Ai carabinieri invece dice “di non aver avere sospetti su chi potesse essere stato”. Poche settimane dopo un furto di suini, dall’azienda di uno dei tre. A fine novembre Giovanni Pruiti, i fratelli Giordano e Giuseppe Cordaro organizzano un vero e proprio agguato. Due delle tre vittime vengono pestati a sangue a al bivio di Maniace e Bronte. Botte e calci mentre uno di loro era accusato di essere “confidente e sbirro”. L’escalation di violenza esplode il 10 febbraio nel bar di Maniace, tra minacce di morte e il morso (alla Tyson) di Pruiti all’orecchio dell’allevatore atterrito. Continua a leggere sul mensile “S” in edicola.

 


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