PALERMO – Di Gennaro e Stevanovic per la prima volta insieme dall’inizio non li vedevo dai tempi di Gattuso: è un buon segno, mi son detto, raggiungendo la mia postazione, mentre controllavo a occhio se l’affluenza negli spalti fosse finalmente all’altezza. Una rapida occhiata bastava a convincermi che per i palermitani, che seguono il Palermo (chiamarli tifosi sarebbe eccessivo) ci vuole ben altro che lo Spezia dell’ex Devis Mangia per riempire lo stadio. C’erano, invece, un manipolo di tifosi spezzini, con le loro belle bandiere bianche: sembravano delle belle statuine, tutti seduti e silenziosi. Come avessero timore di farsi notare e ancor di più di farsi sentire. Come avessero timore di… disturbare i padroni di casa. Che, invece, già cantavano gli inni e intonavano i cori della vittoria quando mancava ancora una buona mezzora all’inizio della partita.
La curva Nord – tutta la curva, dall’alto in basso, da sinistra a destra – era un tripudio di bandiere, sembrava finalmente la curva di una volta, quella che da sola fa vincere le partite. Poi è entrato in campo Minutella e s’è portato dietro l’ospite di turno (il bravo Minutella ci mette passione e cuore nel fare il suo lavoro, e si vede), l’attore Francesco Benigno, palermitano doc e tifoso rosanero senza macchia e senza paura: “Seguo il Palermo da bambino, l’ho seguito per tutto un campionato fino a Trapani, quando facevamo la serie C”, proclama con enfasi e riceve l’applauso più lungo e caloroso della giornata, gol di Hernandez escluso. Ma ecco che finalmente entrano le squadre e il pubblico tutto si leva in piedi, come a teatro, quando il direttore d’orchestra sale sul podio e impugna la bacchetta. L’applauso è caldo, sentito. Si spegne solo quando raggiunge la sua panchina Devis Mangia, come se nessuno ci avesse fatto caso. Di solito gli “ex”, alla loro prima nel nostro stadio, ricevono o fischi o applausi, lui, invece, solo silenzio. Che è peggio dei fischi, che svelano comunque uno stato d’animo, ostile ma pur sempre un sentimento. Non così il silenzio, che vuol dire solo indifferenza.
Sono curioso ed eccitato più del mio solito, oggi c’è un Palermo diverso, sembra messo in campo dal… cugino di Iachini, perché è un Palermo palesemente offensivo, che “deve” giocare la palla, non può limitarsi ad attendere l’avversario e poi colpirlo a tradimento. Come suole fare: perché così è Iachini e così lui intende il calcio, perché così ottiene i risultati, perché così dal decimo posto di Gattuso ci ha portato alla vetta della classifica. Perché così va bene, anzi benissimo – e lui lo ha verificato di persona tre volte negli ultimi cinque anni – per vincere i campionati di serie B. E l’inizio della partita, infatti, è bellissimo, con Di Gennaro piazzato in un ruolo inedito per lui, davanti alla difesa, come passaggio obbligatorio di ogni azione manovrata rosanero, con Stevanovic, in vena di meravigliose follie sulla fascia destra e Daprelà che scorazza in quella di sinistra. E lo Spezia dell’elegantissimo Mangia, giacca, gilet e cravatta (a Palermo indossava sempre la felpa rosanero che gli forniva la società) stava a guardare senza quasi metter piede nelle manovre eleganti e ficcanti del Palermo. Su una delle quali, innestata al 16’ da Di Gennaro con un’apertura verticale sul lanciatissimo Daprelà, il Palermo sbloccava il risultato: il cross dell’esterno svizzero era perfetto, come il colpo di testa di Hernandez che lasciava di sale il bravissimo Leali. 1-0 e Palermo che suonava uno spartito mai neanche provato nelle precedenti 25 partite di campionato.
Insomma, la partita sembrava letteralmente nelle nostre mani, nelle fasce si volava con Stevanovic e Daprelà, nel mezzo c’erano Di Gennaro e Barreto a dettare i tempi e per coprire provvedeva come sempre il mastino numero uno ( o quasi) dell’intera serie B: Bolzoni. Senza bisogno di dover contare troppo sulla difesa, perché l’attacco spezzino latitava e dalla panchina non arrivavano segni di vita. Finché Mangia non toglieva nientemeno che il capitano e infilava dentro Catellani, così spostando di una decina di metri in avanti l’asse del gioco della sua squadra. E Catellani, infatti, si rendeva protagonista di una travolgente percussione, seminava avversari come birilli e si presentava da solo davanti a Sorrentino: sembrava gol, ma Andelkovic con un intervento da kamikaze gli si fiondava sui piedi, facendogli sballare la conclusione. E finiva così il primo tempo, con tutto lo stadio ad applaudire calorosamente un Palermo… mai visto: bello ed elegante, quando prima, seppure era stato bello, quasi mai era stato elegante. Nessuno di noi, in tribuna e credo in tutto lo stadio, poteva mai pensare che in campo sarebbe tornato un altro Palermo… il solito Palermo, quello che, passato in vantaggio, comincia a pensare di speculare, aspettare, ripartire e, comunque, tenere duro. Gli era andata bene tante altre volte, perché non quella, avrà pensato Iachini. O lo sto pensando io con una malizia che non mi è congeniale?
Certo è che il Palermo della ripresa non sembrava neanche lontano parente della squadra che aveva soggiogato l‘elegante Spezia dell’elegantissimo Mangia: se ne stava lì, a centrocampo, ad aspettare l’avversario per colpirlo in contropiede. Ma l’avversario aveva ben altro vigore rispetto al primo tempo, aggrediva a centrocampo e poteva sfruttare le percussioni di Catellani, che innestava con i suoi affondo i due punteri, uno, agile e veloce come Giannetti e l’altro possente e coriaceo come Ferrari. Così cominciava la partita di Sorrentino, che confermava la sua ritrovata forma, sia nelle uscite che negli interventi fra i pali. Mentre i tifosi non cessavano un solo attimo di incitare la squadra e riprendere in mano le redini della partita: “Noi vo-glia-mo que-sta vit-to-ria!”, cantavano in coro e anche se non erano neanche diecimila sembravano centomila, tanto forte e possente era il loro urlo di guerra. Ma non bastava anche perché si era già eretto a protagonista l’arbitro di Avezzano Aleandro Di Paolo, il quale, a differenza del primo tempo, non ne perdonava più una ai rosanero: non si limitava a fischiare quelli che per lui erano falli ma tirava fuori il cartellino giallo. Ed anche perché si infortunavano nel giro di soli 15 minuti prima Di Gennaro (entrava Verre), poi Daprelà (Pisano) e infine il miglior giocatore in campo, quello Stevanovic (Vitiello) mai visto prima, e conosciuto così com’è veramente, solo alla 26ma di campionato. Insomma, c’era un altro Palermo in campo e c’era un arbitro che fischiava punizioni a raffica contro i rosa. Ed era già noto a tutti quanto bravi fossero i giocatori di Mangia sui calci piazzati: solo una settimana fa avevano rifilato tre gol su punizione al Crotone, nel suo campo. Così che, a cinque minuti dalla fine, arrivava il fallo di Verre, la magistrale punizione di Scozzarella (subentrato ad un evanescente Seymour) e l’1-1 dello Spezia. Meritato, anche se con la loro unica vera minaccia alla porta rosanero. Ma così è il calcio, vince solo chi la mette dentro. Il resto è poesia.
p.s. Nei segreti e imperscrutabili corridoi rosanero si sussurra che il pareggio spezzino sia da addebitare non alla tattica rinunciataria del Palermo nella ripresa, ma al consumato… vilipendio del “talismano rosanero”: il berretto di Iachini. Pare che, al fischio dell’85’ di Di Paolo, quello della punizione-gol di Scozzarella, il mister si sia infuriato al punto da cavarsi dalla testa il berretto e buttarlo in fondo alla panchina… Pare…