Oggi Maria Mattarella, segretaria generale della Regione, figlia di Piersanti, presidente della Regione assassinato dalla mafia, nipote di Sergio, Presidente della Repubblica, dice addio al mondo nella forma dell’addio che il mondo conosce.
Con i suoi funerali – fissati per questa mattina nella chiesa di San Michele, a Palermo – si celebra il commiato, con la memoria di una persona voluta bene da tutti. Da chi la conosceva, per una trama di ricordi irripetibili. Da chi non la conosceva, per il noto profilo sobrio di un impegno.
Tutti conserveranno l’eco della sua garbata riservatezza, aspetto più volte sottolineato per descrivere, nel tempo, una ragazza che, ad appena diciotto anni, subì la feroce esecuzione del padre.
Maria Mattarella non ha potuto vivere soltanto privatamente la sua pena. In ogni frangente, nella discrezione del porsi, c’era, immancabilmente, la prefazione collettiva di un trauma nazionale. C’era il riflesso delle foto in bianco e nero, col sangue rappreso. C’era la sagoma di un’auto crivellata di colpi, con un uomo riverso.
Ma quel padre che chiamavano presidente , in famiglia, era ‘papà.’ Un intreccio di confidenze e protezioni a vasto raggio. Un sorriso perenne. Una crescita reciproca che aspirava al suo futuro. E lo pretendeva, nel calore fiducioso dell’esserci insieme.
I sopravvissuti della nostra antimafia questa terribile lezione hanno appreso, loro malgrado: nel lutto da cui sono stati sfregiati non hanno potuto rinunciare alla necessità di una testimonianza, punteggiata dal sentimento del martirio.
Le parole su Maria, tra social e realtà, sono concordi nel riconoscere una qualità umana superiore, soffusa di comprensibile malinconia, capace di rara sensibilità. Molti si soffermano sullo spessore di uno sguardo: la mappa di un’intera esistenza.
L’avvocato Maria Mattarella, questa mattina, dice addio al mondo, con il rito che il mondo conosce. Nell’epilogo terreno di quegli occhi profondissimi si racconteranno per sempre la tenerezza e la speranza del ricongiungimento.
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