CATANIA – Il ritratto di Mario Ronsisvalle è dei i più rassicuranti. Di professione fa il farmacista. Il classico farmacista di paese che ascolta i problemi di tutti e dispensa rimedi e consigli. Da lì il salto in politica. Due anni fa la candidatura al Consiglio, ora è la volta della sfida più ambiziosa: l’elezione a sindaco. Ma da outsider. I candidati “vip” lo guardano con attenzione e forse un pizzico di timore. Lui intanto pensa ad altro e invoca un cambio di passo generale per Tremestieri. Questo perché l’analisi sul tempo presente è delle più impietose.
E allora?
“Il nostro paese negli ultimi trent’anni non è stato gestito in maniera coerente. Il risultato è ciò che viviamo ora. Certo, c’è la crisi. Ma su questo territorio si è fatta tantissima speculazione”.
È da lì che si arriva al piano di riequilibirio?
“Diciamo che altro non è che un modo per far pagare i debiti contratti dalle precedenti amministrazioni ai cittadini. Si tratta di un passaggio deleterio che in molti non hanno capito fino in fondo. A partire dalla gente, che si è ritrovata a pagare i tributi locali con le aliquote massime. Intanto i veri responsabili non sconteranno alcuna colpa per quanto fatto”.
Ci faccia un nome?
“Non c’è solo un nome. C’è semmai un modus operandi dei vecchi amministratori”.
Lei avrebbe fatto diversamente, sarebbe stato più virtuoso?
“Bisogna cominciare a gestire il Comune come fosse un’azienda, con entrate e uscite ben precise e programmate”.
Lei è un consigliere uscente. Ci dica: il Consiglio ha fatto abbastanza?
“Io ero all’apposizione. Tuttavia, qualcosa è stata fatta. Ma nessuno è privo di colpe. Tutti sbagliano. Dal canto nostro abbiamo fatto vigilanza. Voglio precisarlo: io ed il mio gruppo consiliare abbiamo votato no al piano di riequilibrio, ”.
Il precedente della Basile, una bella responsabilità da parte del Consiglio. Non trova?
“La verità che l’Amministrazione era ingessata e il Consiglio non era più in grado di lavorare. Si sopravviveva. Nulla di più. Credo sia stata fatta la cosa giusta”.
Civismo?
“Lo sappiamo, molte delle civiche hanno alle spalle altre storie. Bisogna andare a vedere davvero chi ci sta dietro”.
E voi?
“Siamo nati come un gruppo di amici. Il mio progetto nasce all’interno del Consiglio e più in particolare dal mio gruppo consiliare. Sono stati Tomaselli, Consoli e Urzì a spronarmi. E da restio che ero, pian piano mi sono lasciato convincere”.
Che speranza ha di spuntarla?
“Diciamo che è un terno al lotto. Non lo so. Tutto dipende se la gente vede in noi una speranza possibile. Il mio obiettivo è sicuramente amministrare questa città”.
Troppa confusione in questa tornata e qualche cambio di fronte, come li spiega?
“Purtroppo non c’è più coerenza. Neanche nei piccoli paesi, dove sarebbe più opportuno mantenere la linea. Certi salti hanno un significato strano. Ma la gente ne è consapevole. E non escludo sorprese”.
Cosa intende, che tra i candidati cosiddetti “vip” qualcuno prenderà una batosta?
“Noi candidati alternativi non siamo lì per guardare e abbiamo anche delle buone possibilità di vincere”.
Intanto, ci troviamo all’ennesima tornata con tantissimi candidati. Che vuol dire?
“Non si vuole fare un gioco di squadra. Ecco il perché delle troppe fazioni. Non ci si accorge però che siamo all’ultimo giro di vite e la gente non ne vuole sentire più di politica e politici”.
Si consoli. Falliste come classe politica ci sarebbe la Città metropolitana.
“Esatto. E se da un lato sarà un fattore di crescita in favore dei servizi. Dall’altra sarà un motivo di perdita delle identità. Vivremmo un sorta di delocalizzazione del territorio”.
Sicuramente, metterebbe fine alla distanza tra il centro e Canalicchio. Giusto?
“Di fatto siamo dei borghi hinterland di Catania. Questo perché è mancata una programmazione a misura d’uomo”.
La prima azione da sindaco?
“Intervenire sui rifiuti. Sarebbe un atto di decoro verso tutti”.