PALERMO – Più che una vicenda processuale è una storia d’amore. La storia di un uomo “spedito” in carcere dalle invenzioni della moglie. Una moglie che, alla fine dell’inferno giudiziario, ha deciso di riabbracciare.
Lui è un ex operaio della Fiat di Termini Imerese, accusato dalla donna con cui aveva condiviso 23 anni di vita coniugale segnata da alti e bassi, come accade per la stragrande maggioranza delle coppie. Non si aspettava che lei lo denunciasse per avere subito minacce e maltrattamenti dal 2005 al 2015.
La donna raccontava di essere stata picchiata dal marito e minacciata con un coltello da cucina. E così all’uomo venne inizialmente imposto il divieto di avvicinarsi alla moglie. Un divieto che, però, fu disatteso. Nell’agosto 2015 l’ex operaio finì agli arresti domiciliari per restarci fino al febbraio successivo. A quel punto fu la stessa moglie ad annunciare di volere ritirare la querela contro il marito. Ormai, però, non si poteva tornare indietro ed arrivò la condanna di primo grado. All’uomo sono stati inflitti 3 anni e quattro mesi di carcere.
I legali dell’imputato, l’avvocato Claudio Gallina Montana e Giovanni Mannino, non si sono rassegnati. Hanno scoperto una realtà diversa da quella che era emersa. La donna ha una patologica predisposizione a inventare storie. I suoi parenti hanno raccontato che una volta aveva messo in giro la voce che le servisse un rene per un grave problema di salute di cui non ha mai sofferto. Sono stati sempre gli avvocati a raccogliere le testimonianze di altri parenti: nessuno si era accorto della crisi coniugale. Nessuno ricordava gesti di violenza del marito che, secondo la donna, sarebbero andati avanti per un decennio.
In appello la sentenza è stata ora ribaltata. L’ex operaio è stato assolto ed è tornato a casa. Accanto a lui c’è la moglie. Come è sempre stato negli ultimi ventitré anni.