L’inchiesta farà il suo corso nel rispetto del principio di non colpevolezza. Due dati sembrano, però, emergere sin d’ora con evidenza dalle indagini che hanno coinvolto l’ex senatore Nino Papania.
Il primo: la formazione professionale, usando le parole degli stessi investigatori, è stata un “postificio” sfruttato da alcuni politici. Il secondo: milioni di euro messi a disposizioni dell’Unione europea sono stati bruciati fallendo l’obiettivo per cui erano stati assegnati alla Sicilia.
In entrambi i casi sono le intercettazioni agli atti dell’inchiesta a fare emergere le criticità. Papania conosce bene il settore. È stato assessore regionale al Lavoro e alla formazione prima di diventare senatore dell’Ulivo e del Pd a metà degli anni Duemila.
Che negli enti di formazione finiscano a lavorare anche persone segnalate dai politici è storia antica. La novità dell’inchiesta della Procura europea e di Marsala è la variante del trasformismo politico. Diversi consiglieri comunali avrebbero appoggiato il movimento politico di Papania, “Via” (Valori, impegno, azione), chiedendo e ricevendo in cambio posti di lavoro per figli e nipoti negli enti di formazioni.
Michele Accardi è uno dei consiglieri comunali indagati a cui è stato imposto il divieto di dimora e di esercitare l’incarico politico. Il posto di lavoro alle dipendenze di una Ipab considerato merce di scambio sarebbe stato per il compagno della figlia.
Quest’ultima è stata intercettata dai finanzieri di Trapani. I politici erano andati a cercare il loro sostegno elettorale e non viceversa. I patti andavano chiusi prima delle elezioni, la conversazione risaliva a novembre 2022, e cioè prima “che diventa deputato e si va a fottere ottomila euro al mese”.
Il posto di lavoro non arrivò. A titolo di risarcimento Ignazio Chianetta, uno degli indagati, avrebbe eseguito un bonifico di mille euro.
L’altro tema è l’utilizzo delle risorse finanziarie. O meglio, a giudicare dalle intercettazioni, lo spreco dei finanziamenti europei. Sarebbe stato reclutato personale senza titoli. Due anni fa la finanza avviò degli accertamenti.
Uno dei docenti ammetteva candidamente ad Ignazio Chianetta, anche lui sotto inchiesta: “Ma perché io sono in grado di insegnare?”.
I finanzieri erano andati a bussare a casa di un palermitano. Lo definiscono “il falsario”. Falsificava i titoli dei docenti che non avevano le qualifiche per tenere le lezioni ma sarebbero stati reclutati in fretta per ottenere l’accreditamento dalla Regione siciliana e incassare i finanziamenti.
Falsa sarebbe anche la documentazione con cui il Ce.Fi.So.P, con sede a Palermo, uno dei tre enti finito sotto la lente di ingrandimento, sarebbe riuscito a nascondere le irregolarità amministrative e contabili al controllo dell’assessorato.