Massoneria, mafia e intercettazioni| Estorsione a “Miseria e Nobiltà” - Live Sicilia

Massoneria, mafia e intercettazioni| Estorsione a “Miseria e Nobiltà”

Aldo Ercolano voleva far pagare il pizzo ai titolari del noto locale di Mascalucia.

operazione brotherhood
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MASCALUCIA- Gli uomini di Aldo Ercolano hanno messo sotto estorsione i titolari di Miseria e Nobiltà, noto locale mascalucese gestito da Gaetano Pappalardo, attore e volto noto della televisione. Un ristorante apprezzatissimo in provincia di Catania. La loro storia, svelata dall’inchiesta Brotherhood della Guardia di Finanza, è simbolica perché testimonia i disagi che molti imprenditori sono costretti a sopportare quotidianamente.

Tutto inizia con una telefonata anonima, la solita telefonata. Ad alzare la cornetta è Pappalardo, viene chiesto di preparare una somma di denaro o di cercare un “amico buono”.

Ventiquattro dicembre del 2014, vigilia di Natale, la Guardia di Finanza intercetta una conversazione tra il massone Sebastiano Cavallaro detto “Nuccio” e il boss mafioso Aldo Ercolano.

Le cimici registrano “questioni da discutere con urgenza”, una di queste è la “messa a posto” del ristorante Miseria e Nobiltà.

Il giorno prima, 23 dicembre, Cavallaro era stato intercettato mentre con la moglie commentava l’incontro con Giuseppe Finocchiaro, uomo di fiducia di Aldo Ercolano: bisognava risolvere una questione relativa a “Gaetano”.

I mafiosi riflettono sul fatto che uno dei soci di Miseria e Nobiltà è “guardia”, appartenente alla polizia penitenziaria: “Se ti ricordi – dice Cavallaro – l’anno scorso…. ehhhh… quest’anno c’è stato il fatto che c’era la “Guardia” come socio… ..il fatto che gli è arrivata quella telefonata…… Guardie tu non ne devi chiamare…traffici e sparti….” .

Vogliono soldi, dalle telefonate emerge che gli uomini di Aldo Ercolano estromettono altri criminali che avevano tentato di far pagare il pizzo a Miseria e Nobiltà.

La notte di Natale il clan batte cassa, vorrebbero fare gli “auguri” ai soci di Miseria e Nobiltà, ma gli imprenditori rinviano l’incontro.

Il piano era semplice, prendere in disparte Gaetano e chiedergli: “Ma come è finita?”.

Gli uomini di Ercolano sono pronti a inviare un intermediario, il fidato Giuseppe Finocchiaro: aveva il compito di riscuotere il pizzo.

Cavallaro si accordava con Finocchiaro che, non appena i gestori del locale fossero venuti da lui, lo avrebbe avvisato con linguaggio criptico, dicendogli che sarebbe potuto andare “dal meccanico poiché la macchina era pronta”, frase che significava invece che era possibile andare a ritirare il pizzo.

Gli uomini pensavano anche di andare a casa di Gaetano Pappalardo.

“A llora. rimaniamo che se loro vengono ..ti chiamo io….io, casomai, ti dico….Giuseppe….vacci dal meccanico……che la macchina è pronta….significa…da lui…..seloro mi dicono …qualsiasi cosa mi dicono…..se loro mi dovessero dire…lo sai Nuccio…ehhhh…ehhhh……non c’è bisogno…io ti dico…..tu aspetta la mia chiamata……’!'”

Finocchiaro: “O se no, quando loro ti dicono …siccome …mi prendi un appuntamento e ci andiamo direttamente …ci vediamo sotto la sua casa”.

L’incontro con gli estortori non si verifica. Gaetano Pappalardo viene contattato più volte, è imbarazzato, “non è facilissima la cosa”, dice.

Un nuovo incontro viene fissato a Gravina di Catania, in via Gramsci, Cavallaro viene intercettato mentre racconta alla moglie che dietro l’intercettazione a Miseria e Nobiltà c’era Aldo Ercolano.

Pappalardo e Alizzio non vogliono cedere al pizzo. Cavallaro spiega alla consorte che i titolari di Miseria e Nobiltà “non ne hanno petitto”, cioè non vogliono pagare.

I mafiosi fissano altri appuntamenti, Gaetano Pappalardo arriva in ritardo e viene sollecitato telefonicamente.

L’emissario del boss vuole mille euro, Pappalardo chiede se è possibile rateizzare: “Ma noi – dice Pappalardo – questo regalo….lo possiamo snocciolare al mese….accucchiamo (Fonetico raccogliamo) cento euro al mese ..e nell’anno…..viene mille e due…anzicchè mille….ma noi lo possiamo giustificare…..perchè noi…mille euro di colpo ..non li possiamo nè toccare e neanche giustificare”.

Cavallaro non accetta perché il provento dell’estorsione doveva essere diviso in più parti, e i referenti del sodalizio erano cambiati.

Cavallaro racconta a Pappalardo di essere in procinto di accompagnare Ercolano dal dentista, che aveva ottenuto un permesso, essendo sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di dimora. Pappalardo doveva mettere i soldi da parte per fare un “regalo” a Pasqua. Ma la condizione era che senza “protezione”, il locale non sarebbe stato al sicuro.

L’intervento della Guardia di Finanza, con il coordinamento della Procura guidata da Michelangelo Patanè ha evitato il peggio.

 

 

 


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