CATANIA – E’ una faccia della mafia militare che ci riporta agli anni ’80: quella spietata, violenta e armata. I “Ragaglia”, gruppo referente della cosca catanese dei Laudani nel territorio di Randazzo, sono stati decapitati dal vertice. Questa mattina una retata dei Carabinieri di Catania, avviata nell’ambito dell’operazione della Dda Trinacium, ha fatto scattare le manette per 8 persone, due sono latitanti. I reati contestati sono furto, estorsione e usura. “Le attività illecite – ha detto il Comandante Alessandro Casarsa nel corso della conferenza stampa – sono quelle tipiche della criminalità organizzata. Randazzo è un territorio delicato, neanche in quella zona esistono isole felici”.
Vicini ai “Mussi i Fucurinia”, i Ragaglia, che avevano come capo promotore Claudio Ragaglia, 45 anni, avevano – secondo le ricostruzioni investigative dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Antonella Barrera – il pieno controllo di una parte del tessuto economico della zona pedemontana.
Le indagini si sono articolate dal 2011 fino al 2013: tutto è partito da una storia agghiacciante che ha visto protagonista una delle vittime di usura che è stata letteralmente posta sotto sequestro. L’imprenditore è stato obbligato prima a salire in in auto e, poi una volta condotto in un casolare, legato, picchiato e minacciato di morte con una pistola. Tutto per “il saldo del suo debito”. Un modus operandi per dimostrare la forza intimidatrice del gruppo, e per “dare l’esempio” a chi osava opporsi.
Da questo episodio partono gli accertamenti. I carabinieri, grazie ad intercettazioni e tecniche tradizionali, ricostruiscono l’organigramma del gruppo e gli affari illeciti a cui sono dediti. Come detto, al vertice della struttura vi è Claudio Ragaglia, da come emerge da conversazioni captate dai carabinieri i suoi sodali lo chiamavano “il Direttore”. Ad affiancarlo nell’attività di “manager” i due fratelli Antonino Salvatore, 52 anni e Michele, 54 anni. Quest’ultimo è stato catturato a Melfi, in provincia di Potenza. I più fedeli collaboratori erano Giuseppe Cartillone, 42 anni, Giuseppe Minissale, 51 anni, e Luigi Virgilio, 33 anni. All’appello resta un latitante.
Ai domiciliarii sono finiti tre indagati: Samuele Rosario Lo Castro, 29 anni (detenuto per altra causa al carcere di Palermo), Antonio Salvatore Sapiente, 48 anni e Paolo Rombes, 58 anni. Per l’accusa i tre rivestivano un ruolo attivo soprattuto per il recupero del pizzo e dei crediti usurai. Molte volte veniva utilizzato il cosidetto metodo del cavallo di ritorno: veniva rubato un mezzo e poi per la restituzione era necessario versare una vera e propria “tangente”.
“E’ importante dire – ha detto il procuratore di Catania Giovanni Salvi – che questa operazione dimostra la nostra capacità di intervento anche nei clan che operano nelle zone della provincia di Catania e non solo in città”.
I Ravaglia avevano riorganizzato le file in poco tempo. Molti degli affiliati, infatti, sono stati già condannati per associazione mafiosa con operazioni degli anni ’90 e dei primi anni 2000. “Erano usciti dal carcere – ha detto il pm Antonella Barrera – solo nel 2009, e in pochi anni si sono riorganizzati e hanno messo su le fila dell’organizzazione”. Il gruppo inoltre ha dimostrato grande capacità “diplomatiche”, in quanto per detenere il pieno controllo di Randazzo è riuscito a mantenere “accordi” con i clan operanti nelle zone limitrofe.
I nomi degli arrestati:
Giuseppe Cartillone (42 anni), già in carcere;
Claudio Ragaglia (45 anni), già in carcere;
Giuseppe Minissale (51 anni), già in carcere;
Salvatore Antonino Ragaglia (52 anni), già in carcere;
Claudio Ragaglia (54 anni);
Luigi Virgilio (33 anni), già in carcere;
Samuele Lo Castro (29 anni) ai domiciliari;
Paolo Rombes (57 anni), ai domiciliari;
Antonio Salvatore Sapiente (48 anni), ai domiciliari.