CATANIA – L’unico ranking del quale vale la pena di preoccuparsi? Quello dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Ne è convinto il professore Francesco Priolo, Magnifico rettore dell’Università di Catania. Resta il fatto, però, che eventuali doppie “affiliazioni” dei docenti in servizio nell’ateneo devono essere approvate dai vertici accademici. E nel caso di Riyad questo non è avvenuto.
In un’intervista a LiveSicilia, Priolo interviene sul presunto “mercato” dei ricercatori: un’inchiesta condotta dal quotidiano spagnolo El Paìs ha raccontato di un elenco di docenti che, pur prestando servizio in atenei spagnoli, avrebbero indicato come università di provenienza alcuni istituti in Arabia Saudita. In questo modo, gli articoli scientifici prodotti da questi professori hanno contribuito ad accrescere il prestigio delle università saudite, privando di fatto le università spagnole di importanti meccanismi di accreditamento a livello internazionale.
Nelle scorse settimane, Il Fatto Quotidiano ha ripreso il tema e lo ha portato in Italia. Scoprendo che, tra i professori che, secondo gli analisti britannici della società Clarivate, sono affiliati alla King Saud University di Riyad ce ne sono due che, in realtà, sono docenti ordinati di Scienze dietetiche al Biometec di UniCt, il dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche.
Magnifico rettore, si parla di un “mercato” di professori universitari. Due dell’università di Catania, i docenti Giuseppe Grosso e Fabio Galvano, risultano essere affiliati alla King Saud University di Riyad. Lei era a conoscenza di questa informazione prima dell’uscita degli articoli di stampa?
“La notizia non è del tutto corretta. Loro non sono affiliati alla King Saud University. Noi abbiamo subito fatto un’indagine, ovviamente. In tutti gli articoli scientifici che hanno pubblicato, e che continuano a pubblicare, sono affiliati solamente all’università di Catania. Unica affiliazione. Abbiamo appurato, però, che sul sito della società privata Clarivate questi due ricercatori hanno inserito due affiliazioni: la King Saud e l’ateneo catanese. Nella realtà, quello che è avvenuto è che la nostra università ha effettivamente dei contratti di ricerca e delle collaborazioni con la King Saud, di cui il professore Galvano e il professore Grosso sono responsabili. Il fatto di avere inserito la King Saud University come affiliazione all’interno di questo sito, e non delle pubblicazioni, è una cosa che abbiamo segnalato. Ho personalmente scritto a entrambi i docenti chiedendo di rimuovere immediatamente questa notazione anche all’interno di Clarivate”.
I due docenti risultano anche sul sito della King Saud University.
“Questa è una cosa che non sapevo. Chiederò di rimuovere anche questo, come ho chiesto di rimuovere da Clarivate. Però attenzione: se si parla di collaborazione è un discorso, perché la collaborazione esiste veramente. Se invece si dice che sono affiliati è un discorso diverso. Mi riservo di controllare di cosa si tratta, perché se la King Saud dichiara soltanto quali sono i collaboratori internazionali che hanno, nulla quaestio. I nostri docenti effettivamente vanno lì più volte l’anno per lavorare con loro. Se viceversa si dice che sono affiliati è una cosa diversa e quello chiederò di rimuoverlo, se fosse così”.
I progetti di ricerca sono passati attraverso l’università? O sono stati gestiti direttamente dai professori?
“I progetti di ricerca sì, sono regolari come ce li hanno tanti altri docenti, assolutamente”.
E quindi anche eventuali corrispettivi economici sono stati gestiti dalle due università?
“Assolutamente sì. Tutto trasparente”.
Nell’articolo uscito sul Fatto Quotidiano parla un altro docente di UniCt, il professore Antonio Biondi, che fa riferimento a un’offerta di 70mila euro che lui ha rifiutato. Nel caso di Grosso e Galvano si parla delle stesse cifre?
“Non sono a conoscenza di questo aspetto. Sono a conoscenza dei due contratti di ricerca che sono al momento attivi”.
Retribuiti dalla King Saud University.
“Sì, i fondi arrivano alla nostra università dalla King Saud University. Però ribadisco che, per quello che riguarda l’affiliazione in Clarivate che, dopo l’articolo sul Fatto Quotidiano, ho potuto controllare personalmente, ho chiesto di rimuoverla immediatamente”.
Prima di questi articoli aveva mai fatto caso alle collaborazioni con l’Arabia Saudita oppure no?
“Ero a conoscenza di questa collaborazione, certo”.
Ce ne sono altre?
“Con la King Saud ci sono solo queste due. Con l’Arabia Saudita forse non ne abbiamo altre. Con i Paesi arabi certamente, c’è altro, ovviamente”.
Lei ritiene che la tesi di queste inchieste di stampa, cioè che si tratti di un “mercato” di collaborazioni necessario per migliorare il ranking degli atenei sauditi a livello internazionale, sia campata in aria o che invece sia attendibile?
“La prima opzione. Ci sono tantissimi ranking internazionali e, nella maggior parte dei casi, servono più a livello giornalistico che altro. A mio modo di vedere, non hanno grande valore in termini di contenuto. Tutte queste classifiche delle università, personalmente, mi lasciano sempre piuttosto indifferente. Nel caso specifico, lo Shanghai ranking prende i dati delle affiliazioni da Clarivate, e non direttamente dalle pubblicazioni. Prendendo le affiliazioni da quel sito, le istituzioni citate su questo sito traggono vantaggi per lo specifico Shanghai ranking”.
Al quale lei non è affezionato.
“Per quanto mi riguarda, l’unico ranking che ha veramente serietà è quello dell’Anvur, l’agenzia nazionale di valutazione, indipendente ma gestita dal ministero dell’Università. Che anziché prendere parametri a caso come questi, che possono essere facilmente pilotati, fa un controllo attento con visita in loco, per settimane, con una commissione composta da tipicamente sette, otto persone. Loro fanno le pulci alle università. Infatti la nostra non solo è la migliore università siciliana ma una delle migliori università meridionali, al di sopra della Federico II, alla pari di atenei come quello di Pisa o il Politecnico di Torino. Ci sono ranking seri, che fanno analisi serie. E ranking un po’ farlocchi, diciamo. Purtroppo sui ranking farlocchi succede quello che abbiamo letto su El País”.
Cosa hanno risposto i due docenti alla richiesta di rimuovere le affiliazioni da Clarivate?
“Non mi hanno risposto ancora per iscritto, formalmente. Ma informalmente mi hanno fatto sapere che lo faranno al più presto”.
Hanno spiegato per quale motivo hanno fatto inserire la King Saud?
“È stata una leggerezza, hanno pensato che non avesse nessun peso. Diciamo così: la prima volta passa, la seconda ovviamente no”.
Ma se questi ranking non sono rilevanti, qual è il problema di avere inserito l’affiliazione con la King Saud e, quindi, il bisogno di toglierla?
“Nei fatti, questi docenti sono docenti dell’università di Catania. E quindi in nessun modo ritengo che sia giusto leggere che siano docenti di altri atenei. Sono docenti dell’università di Catania e la loro affiliazione deve essere università di Catania. Le faccio altri esempi: alcuni dei nostri docenti, attraverso convenzioni che sono normali in tutta Italia e alla luce del sole, afferiscono anche a prestigiosi enti di ricerca pubblici. Come il Cnr o l’Istituto nazionale di Fisica Nucleare. Ma questa è ben altra cosa. Significa che la nostra università sta collaborando con Cnr o Infn, abbiamo il valore aggiunto di potere utilizzare i loro laboratori o le loro attrezzature e siamo tutti in seno al ministero dell’Università e della Ricerca. In queste circostanze, dopo un nulla osta dell’ateneo, si utilizza la doppia affiliazione. Ma è molto diverso da quello di cui parliamo. Qui non c’è stato nessun consenso da parte del nostro ateneo e quindi l’affiliazione deve essere rimossa”.