Messina Denaro, trovati 800 mila euro fra soldi e gioielli

Messina Denaro, trovati 800 mila euro fra soldi e gioielli. Sono le briciole

Affari e protezioni: le indagini un anno dopo l'arresto

PALERMO – I soldi e le protezioni: sono due i filoni caldi delle indagini ad un anno dall’arresto di Matteo Messina Denaro. Il capomafia è morto, ma il lavoro non è finito. Finora sono cadute le pedine della ristretta cerchia di fiancheggiatori. Autisti, vivandieri, medici, amanti: c’è gente che lo ha aiutato nella faccende quotidiane, a nascondersi (ad onore del vero senza particolari patemi, almeno nell’ultima fase, a giudicare dalle sue abitudini), a continuare a gestire soldi e potere. In alcuni casi hanno mostrato un attaccamento al padrino che supera l’immaginazione. Non c’è in ballo solo l’adesione ai (dis) valori criminali, ma una venerazione più profonda.

Di soldi il boss stragista ne aveva a disposizione parecchi, senza per forza attingere all’impero miliardario che in questi anni è stato a lui ricollegato e sequestrato. Di sicuro aveva un tenore di vita alto. Poteva arrivare a spendere migliaia di euro al mese. Finora la Procura di Palermo e i carabinieri del Ros hanno sequestrato 800 mila euro fra soldi i contanti e gioielli ai familiari del padrino.

Tra i pizzini in mano agli investigatori c’è quello in cui si fa riferimento a “parmigiano”, un imprenditore e finanziatore occulto a cui la sorella Rosalia doveva chiedere 40 mila euro. Quanti “parmigiano” ci sono da scoprire? I militari del Ros stanno ricostruendo nomi e circostanze.

Messina Denaro non se ne stava rintanato a casa, seppure abbia detto, interrogato dal procuratore Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido prima di morire, che se non fosse stato per la malattia non l’avrebbero preso: “… voi avete una tecnologia inimmaginabile. E come mi devo difendere, dissi. Allora facciamo una cosa la tecnologia con la caverna vedo che non si potranno mai incontrare e vivevo da caverna”.

Viaggiava, in Italia e all’estero, per affari e divertimento. Migliaia di chilometri di distanza dalla sua Castelvetrano o qualche centinaio per giungere a Palermo dove ha avuto parecchi contatti. E poi ci sono i medici che lo hanno aiutato a curato. Ce ne sono stati di ignari, ma anche di conniventi. Sapevano chi aveva a che fare. Ed ecco il livello superiore di fiancheggiatori, che potrebbe comprende anche qualche gola profonda. Messina Denaro era braccato, ma aveva un sistema per individuare gli occhi elettronici: “Tutte le telecamere di Campobello e Castelvetrano le so primo perché ho l’aggeggio che le cercava che non l’avete trovato e poi perché le riconosco”.


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