Medici, soldi e diari: i segreti di Messina Denaro tra Palermo e Roma - Live Sicilia

Medici, soldi e diari: i segreti di Messina Denaro tra Palermo e Roma

Matteo Messina Denaro e la figlia Lorenza
Andava al mare, faceva tatuaggi e soldi a palate

PALERMO – La lettura del verbale di Matteo Messina Denaro – interrogato dai pubblici ministeri di Palermo due mesi prima di morire è la conferma di un quadro fin troppo chiaro. Ci sono luoghi nascosti che custodiscono documenti; ci sono canali attraverso cui arrivano i soldi il cui flusso non si è interrotto con la morte del capomafia; ci sono persone che sanno e non parlano. Dei suoi trent’anni di latitanza si conoscono le briciole. E c’è un solo modo per tentare di bilanciare, qualora sia possibile, il fatto che sia rimasto in carcere per una manciata di mesi: non accontentarsi e svelare come e perché sia potuto accadere.

A casa della sorella Rosalia c’erano 135 mila euro in contanti. Non regge la giustificazione del fratello Matteo: “Sono di mia madre che ha sempre cercato di conservare e di dare a tutti noi”. Cosa e chi ha alimentato le casse di Messina Denaro che spendeva migliaia di euro al mese? Il padrino girava parecchio, in Italia e all’estero, per affari. Da qualche parte deve esserci la mappa dei suoi interessi economici, le tracce di chi li ha gestiti, la chiave della cassaforte. A qualcuno deve avere lasciato la sua eredità materiale. Quella immateriale, fatta di mafia e sangue, sarà difficile da estirpare visto il livello patologico di coinvolgimento di gente incensurata che si è rovinata la vita.

Era diabolico e calcolatore Messina Denaro, ma non può avere fatto tutto da solo. I suoi conniventi non fanno parte, almeno non per forza e non tutti, dei mafiosi noti alle cronache da cui si teneva a distanza. Un capitolo a parte meritano le vicende sanitarie. Operato e visitato anche in ospedali pubblici. Ha avuto delle corsie preferenziali, non ci sono dubbi. Nel verbale ci sono nomi di medici che lo hanno avuto in cura. Dai piccoli guai – come nel caso di due dentisti – agli accertamenti oncologici. Ne ha svelato l’identità con una facilità che desta sospetti, come se sapesse che non avrebbero corso rischi.

Ha parlato anche di un cugino, Salvatore Messina Denaro, figlio del fratello del padre (“era primario all’Ortopedia dell’ospedale di Mazara”) a cui si era rivolto, setto o otto anni fa, per raccomandare un amico: “In genere non raccomandavo mai donne, perché appena un tipo come me raccomandava donne, pensavano tutti subito che c’era relazione, quindi evitavo”. Perché fa il nome del cugino? “Perché è morto”.

Così come ha fatto il nome della figlia del fratello, farmacista nel reparto di Oncologia dell’ospedale di Trapani, ma solo per dire che proprio per la presenza della donna, che comunque non vede da decenni, si è tenuto alla larga dalla struttura sanitaria.

Non ha mescolato “la mafiosità con la malattia”. E neppure con la vita di tutti i giorni, parecchio mondana anche e soprattutto a Palermo. Vi si recava per andare al mare o per farsi tatuare. C’era una data sul suo braccio, “8/10/ 1981, avevo 19 anni e mezzo, una data per me molto importante”. Forse la sua affiliazione in Cosa Nostra? Si era inventato parecchi alias, grazie ai documenti falsi che, “mi sono procurato a Roma”, dove “c’è una strada che vanno tutti, in tutta Italia, a Roma si sono documenti per chiunque”. Si paga e nessuno fa domande.

Nelle pagine del verbale c’è anche la storia di un rapporto che sembrava perduto con la figlia ma che, poco prima di morire, ha ricucito. Lorenza Alagna ha deciso di diventare una Messina Denaro: “Ci sono cose che nella vita non si chiedono: se uno lo vuole fare, di sua sponte, sennò restano cose così… io non ho chiesto a mia figlia”.

Quella figlia a cui dedicava la parte più lunga dei suoi diari. Ci teneva parecchio a farglieli avere: “Ma un giorno gli spetteranno a lei, avere questi diari? Un giorno, il momento in cui ‘sta storia… dice, ‘non interessa più a nessuno Messina Denaro’, gli avvocati, se richiedono…”. A giudicare dalle mille cose che ancora non si conoscono dei trent’anni di latitanza quel giorno è ancora lontano. I diari contengono riferimenti su luoghi e date che collocano nello spazio e nel tempo un mafioso capace di fare il fantasma sotto casa, fra un bagno al mare e un tatuaggio.


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