"Mia madre e la sua mano dietro il vetro": i figli al tempo del Covid

“Mia madre e la sua mano dietro il vetro”: i figli al tempo del Covid

Una madre e una figlia che non possono toccarsi, se non attraverso il vetro della Rsa. Una storia d'amore al tempo del Covid.

PALERMO- “È così che da marzo vedo mia madre, da dietro un vetro, almeno la vedo e so che è protetta, anche se è straziante la sua disperazione nel voler aprire la porta, poi si calma e mette la mano sul vetro e manda baci, a quel punto il cuore si spacca in mille pezzi e trattieni la lacrime con forza per timore di turbarla. Non lo so quando potrò riabbracciarla, ma so per certo che dipende da tutti noi”. Così scrive Adriana Vitale, sul diario social. C’è un vetro tra lei e la sua mamma, la zia Nina come la chiamano tutti quelli che la conoscono e le vogliono bene. E tutti, davvero, vogliono bene a lei e alla sua famiglia.

Le mani dietro il vetro

Zia Nina è in una Rsa, perché ha bisogno di assistenza e cure specifiche. Ha sempre potuto contare sull’affetto smisurato di figli e nipoti. Adesso, a causa del Covid, la sua fragilità va protetta. Il prezzo da pagare è altissimo: l’assenza di contatti. Niente baci, niente carezze per il tempo che resta. Gli sguardi. E le mani che si cercano, divise da una barriera trasparente. Adriana ha tenuto un diario del dolore che confina con la speranza. E ha scritto una cosa in cui la sofferenza, la bellezza e lo struggimento hanno le stesse parole.

“Vedi tua madre…”

“Vedi tua madre diventare giorno dopo giorno più piccola e indifesa, che aggredisce come una sorta di autodifesa, pensi alla sua bellezza sfiorita anche se il suo viso conserva gli stessi tratti, lo stesso sguardo, la stessa dolcezza, lo stesso innato senso di protezione. Pensi a ciò che è stata, ai suoi gratuiti sacrifici che hanno il solo sapore dell’amore infinito, alle sue cure, alla dolcezza delle sue braccia, al rifugio sicuro di quando piano piano scopri il mondo fuori e ti fai male, ma hai la certezza di trovare in quelle braccia la consolazione, una mano amorevole che asciuga lacrime, capace di guarire con un soffio e un bacio un ginocchio sbucciato.
Pensi all’amore che senti esclusivo pur nella consapevolezza di non essere figlia unica. Pensi a tutti i racconti per farti mangiare, pensi alle febbri curate, e poi la vedi fragile. Senti il dolore di non poter alleviare i suoi dolori come faceva lei con un soffio e un bacio. La guardo e ripercorro la nostra vita e il nostro viverci, mi rivedo bambina e ed esattamente così che voglio proteggerla e proteggermi.
Mia madre che, nella sua rinnovata innocenza di una condizione che brucia ricordi e razionalità, in un momento di lucidità mi dice dolcemente: ‘Ma com’è che sei più grande di me?’ Quando non mi riconoscerà più, le dirò: ‘Sono tua figlia appena nata’”.


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