PALERMO- “Che questo sia il giorno della speranza, quello in cui chi ha dentro risentimento ed ira che portano alla violenza, comincia a pensare al cambiamento”. All’uscita dalla chiesa San Filippo Neri dello Zen, Rosario Naro, padre di Aldo, il ragazzo ucciso un mese fa alla discoteca Goa durante una rissa, è commosso e invita alla riflessione i giovani: “La partecipazione a questa messa di centinaia di persone conferma che c’è un barlume di speranza per chi vuole scegliere di vivere in pace col prossimo e che mio figlio non è morto invano. Non mi aspettavo tutta questa gente, ma evidentemente la tragedia che ha sconvolto la mia famiglia può insegnare qualcosa di molto importante ai ragazzi”.
A celebrare la messa in occasione del trigesimo, padre Michele Pertini, che ha ricordato “la bellezza che viveva in Aldo” e il cardinale Paolo Romeo, che durante l’omelia ha lanciato un appello contro la violenza. “Il rispetto del prossimo è alla base del vivere civile, ma l’uomo cede al male dando vita ad episodi che ci ricordano come portiamo addosso il peso del peccato, che sfocia in egoismi, violenze. Basterebbe osservare i comandamenti di nostro Dio per non lasciare spazio ad atti terribili ed evitare che si verifichino tragedie come quelle di Aldo”.
Alla funzione anche il sindaco di Leoluca Orlando, seduto in prima fila con i genitori di Aldo Naro e la sorella del ragazzo, Maria Chiara, e molti residenti della zona. “Voglio ringraziare e dare un abbraccio ai genitori e alla sorella di Aldo Naro, il giovane medico ucciso esattamente un mese fa, vittima di un’assurda violenza, per la loro presenza e testimonianza. Ringrazio anche tutto il quartiere per la commossa ed affettuosa partecipazione – dice il primo cittadino – e sono d’accordo con le parole di Padre Michele Pertini – aggiunge Orlando – quando afferma che non tutto è marcio al San Filippo Neri, così come non tutto è marcio nell’intera città di Palermo. Concordo anche con le parole del cardinale, Paolo Romeo, quando spiega che il superamento dell’indifferenza è la premessa per costruire una vera comunità rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti e di ciascuno”.
“Siamo qui – dice Rosa Cangemi – per ribadire ancora una volta quanto questa vicenda ci ha ferito. Allo Zen non siamo tutti uguali, c’è gente che lotta per portare il pane a casa e mantenere i propri figli e si sbraccia lavorando”. A dire la sua, anche un insegnante: “Lavoro qui da vent’anni e so bene quanti ragazzi e bambini volenterosi ci siano. Le loro speranze non devono morire dietro la fama di una zona in cui non è giusto fare di tutta l’erba un fascio. Le coscienza cambiano proprio a partire dalla scuola ed è necessario il lavoro di tutti perché ciò avvenga”.