Monterosso, Corsello e il peculato | Le critiche ignorate di un dirigente - Live Sicilia

Monterosso, Corsello e il peculato | Le critiche ignorate di un dirigente

Patrizia Monterosso e Anna Rosa Corsello

Michele La Cagnina rassegnò ai pm le perplessità sugli extrabudget. Alla fine ubbidì al suo superiore.

PALERMO – Criticità e perplessità. Era stato un dirigente dello stesso dipartimento della Formazione professionale, Michele La Cagnina, a storcere il naso per le compensazioni degli extrabudget, le integrazioni concesse agli enti che organizzano i corsi.

Alla fine La Cagnina, responsabile del Servizio Gestione, obbedì e diede seguito alle direttive del suo capo, il dirigente generale Anna Rosa Corsello, oggi in pensione. Chiese agli enti di formazione di restituire i finanziamenti erogati con l’Avviso 20. Una procedura contestata dalla Procura della Repubblica che ha messo sotto inchiesta la Corsello e il segretario generale Patrizia Monterosso per un mega peculato da 11 milioni di euro scoperto dai finanzieri della Polizia tributaria.

Anche La Cagnina era finito sotto inchiesta, ma la sua posizione è stata stralciata. Mentre per le due donne arriverà presto la richiesta di rinvio a giudizio, per lui si profilerebbe una richiesta di archiviazione. Decisivi in tal senso sono stati due interrogatori. La Cagnina si presentò la prima volta davanti al pubblico ministero Luca Battinieri nell’ottobre 2014. E sulle compensazioni disse che “la dottoressa Corsello non ha indicato le fonti normative che giustificassero tale sua iniziativa. Atteso che le indicazioni pervenute riguardavano il prelievo da fondi europei ho rappresentato alla Corsello alcune criticità. La Corsello ha ribadito la necessità di procedere secondo le originarie indicazioni richiamando un parere espresso dall’Ufficio Legislativo della Regione Sicilia che si era pronunziato su una fattispecie simile… non sono in grado di stabilire se l’intenzione della Corsello era quella di cercare di favorire la Monterosso ma di certo vi era la necessità di recuperare le somme come peraltro stabilito dalla Corte dei Conti”.

L’ipotesi dei pm è che la corsa, bollata come illegittima, al recupero dei soldi fosse dettata dalla necessità di fare venire meno il danno erariale costato una pesante condanna per la Monterosso, e non solo, davanti alla Corte di Conti. I primi ad accendere i riflettori sulle compensazioni furono, infatti, i magistrati contabili. Davanti al vice procuratore Gianluca Albo la Corsello non aveva chiarito quale riferimento normativo supportasse il recupero. Fu allora che il fascicolo venne trasmesso alla Procura della Repubblica. Finì sul tavolo del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del sostituto Battinieri che riconvocarono La Cagnina nell’aprile 2015. Nel frattempo, infatti, la Regione aveva incamerato le prime compensazioni. “Ad onor del vero sono sempre stato perplesso e lo sono ancora – spiegava La Cagnina – circa l’effettiva possibilità di invocare l’anzidetto regolamento (quello comunitario, ndr) quale fonte di legittimazione normativa ad attuare compensazioni su fondi comunitari. Anzi devo rappresentare che a mio parere si sta verificando quanto avevo espressamente previsto… la Corte dei Conti ha restituito con rilievo i provvedimenti di chiusura contabile… tutti i progetti interessati da recupero tramite mandato verde non potranno avere il visto della Corte dei Conti. Pertanto sarà l’intero importo del progetto a non poter essere rendicontato”. In ballo c’erano cento milioni di euro.

Un rischio evitato solo perché, alla fine, il Dipartimento, quando il dirigente Gianni Silvia subentrò alla Corsello, ha ridato agli enti ciò che era stato loro tolto con le compensazioni. Di fatto è stato ascoltato l’invito di La Cagnina: “Occorre quanto più velocemente possibile ripristinare le dotazioni originarie dei finanziamenti e restituire agli enti quanto recuperato per eliminare il danno alle risorse regionali”.

Non sono le uniche perplessità espresse dal dirigente. Era stato lui, infatti, a proporre una soluzione alternativa: effettuare le compensazioni sui crediti che spettavano agli enti per i Prof 2010 e 2011 finanziati con fondi regionali, e non con quelli europei dell’Avviso 20. Una strada che, però, non fu percorsa. Il perché La Cagnina l’ha spiegato ai pm: “Ricorrere agli acconti dell’Avviso 20 non è stata una necessità dettata dal fatto che le risorse recuperabili dai Prof fossero insufficienti, ma un’opportunità dettata dal fatto che si trattava di somme certe liquide e disponibili in via immediata”. I soldi, insomma, servivano subito.

Come mai vi era la necessità di procedere ai recuperi in tempi così serrati e non era possibile attendere?, “All’epoca dei fatti disconoscevo il motivo. Ex post posso solo ritenere che vi fosse la necessità di ultimare le procedure di recupero entro una determinata data… ricordo che talvolta si presentavano nel mio ufficio per accertarsi formalmente sull’andamento dei recuperi soggetti coinvolti nei giudizi di responsabilità contabile pendenti davanti alla Corte dei Conti”. La data di scadenza, secondo i magistrati, coincideva con i tempi della sentenza della Corte dei conti. Recuperare i soldi avrebbe evitato significato evitare la stangata della Corte dei Conti.

 


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