È morto Matteo Messina Denaro, l'ultimo dei padrini sanguinari

È morto Matteo Messina Denaro, l’ultimo dei boss sanguinari

Aveva 61 anni ed era ricoverato all'ospedale de L'Aquila

PALERMO – Matteo Messina Denaro è morto da mafioso irriducibile. Aveva 61 anni ed era ricoverato nel reparto detenuti delll’ospedale de L’Aquila. Da venerdì sera erano state sospese l’alimentazione e le cure. Gli venivano praticate solo le terapie del dolore. Nulla c’era più da fare contro il tumore al colon, diagnosticato nel 2020. Il suo quadro clinico e gli step sanitari, trascritti in un pizzino, hanno portato al suo arresto avvenuto il 16 gennaio scorso davanti alla clinica La Maddelana di Palermo dove stava svolgendo un ciclo di chemioterapia.

L’arresto

Il padrino di Castelvetrano era riuscito a sfuggire alla cattura per 30 anni. Dopo l’arresto avvenuto all’esterno della clinica La Maddalena di Palermo, il capomafia di è stato portato nel supercarcere de L’Aquila e curato in cella. Poi il trasferimento nel reparto detenuti dell’ospedale. Prima che si aggravasse Messina Denaro ha potuto riconoscere la figlia Lorenza Alagna, avuta durante la latitanza e le ha dato il suo cognome. Nessun recente incontro, però. Il boss ha preferito non farsi vedere dalla figlia nelle gravi condizioni in cui era.

Mafioso sanguinario

Muore da mafioso sanguinario, senza alcun pentimento. Interrogato più volte dai giudici, dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido aveva messo in chiaro che non avrebbe mai collaborato con la giustizia. E così è stato. Le stragi del 1992, gli attentati del 1993, l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un collaboratore di giustizia, l’unico delitto per il quale sostiene di non avere dato alcun ordine: c’è la sua terribile firma nei fatto di sangue che hanno sconvolto l’Italia.

Niente funerali religiosi

Non ci saranno funerali religiosi. Anche questa è una volontà del boss lasciata scritta in un vecchio pizzino ritrovato dai carabinieri nel covo di Campobello di Mazara. Il padrino, che ancora non era stato aggredito dalla malattia e già proclamava di essere capro espiatorio, usava contro la Chiesa parole di fuoco: “Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato”. E ancora: “Non sono coloro che si proclamano i soldati di Dio a poter decidere e giustiziare il mio corpo esanime. Non saranno questi a rifiutare le mie esequie…rifiuto tutto ciò perché ritengo che il mio rapporto con la fede è puro, spirituale e autentico, non contaminato e politicizzato. Dio sarà la mia giustizia”. E con Dio, scriveva in un altro pizzino, aveva fatto pace. Lui, aggiungeva, “non mi ha scomunicato perché Dio”.

DALL’ASCESA CRIMINALE ALLA MORTE: LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI SU MATTEO MESSINA DENARO


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI