PALERMO – Ci sono due elementi che accomunano la mozione di sfiducia annunciata da Pd, M5s e Controcorrente nei confronti del governatore Renato Schifani e la prima sfiducia nella storia dell’elezione diretta del presidente della Regione: Totò Cuffaro e la sanità.
Mozione di sfiducia, la ‘prima volta’ nel 2005
L’Ars diventa così una macchina del tempo e riporta tutti al 2005, anno nel quale l’allora presidente della Regione era coinvolto nell’indagine che sarebbe sfociata poi nel cosiddetto processo Talpe alla Dda. Il centrosinistra all’Ars presentò una mozione di sfiducia: era la prima volta che accadeva da quando la riforma costituzionale aveva introdotto in Sicilia l’elezione diretta del presidente della Regione.
Cuffaro e la sanità
In quel lontano 2005, come oggi, la parola ‘sanità’ risuonò più volte a Sala d’Ercole. Scorrendo il resoconto della seduta del 22 giugno 2005 – quando l’Aula respinse la sfiducia a Cuffaro con 50 voti contrari, 27 favorevoli e un astenuto – i contenuti della mozione appaiono paurosamente sovrapponibili alle accuse che la procura di Palermo oggi muove all’ex leader della Dc e agli altri 17 indagati, anche se nell’inchiesta odierna la mafia non c’entra.
“Le scelte di politica sanitaria sono state piegate ad un uso clientelare e di parte, favorendo processi di privatizzazione che, da un lato, hanno aggravato il degrado della sanità pubblica e, dall’altro, hanno favorito un sistema affaristico nel quale anche ‘Cosa Nostra’ ha inserito i suoi interessi con risvolti tali da riproporre una seria questione morale”, accusava l’opposizione di quel tempo.
Un passaggio dell’atto d’accusa parlamentare contro il governo Cuffaro riguardava anche le nomine dei vertici di quelle che al tempo erano le ‘Aziende unità sanitarie locali’. Quelle scelte, secondo le opposizioni, avevano “calpestato elementari norme di trasparenza e legalità”.
A distanza di venti anni la sanità torna protagonista di una mozione di sfiducia. La situazione del 2005, però, è più pesante rispetto a quella del 2025: allora le indagini coinvolgevano il governatore in prima persona, oggi no. Le pressioni della politica sulle nomine rappresentano comunque una parte corposa dell’inchiesta che ha investito la Dc e Noi moderati.

La mozione di sfiducia a Cuffaro del 2008
Il 24 gennaio 2008 stessi protagonisti, nuova mozione di sfiducia a Cuffaro ed esito analogo. A pochi giorni dalla condanna in primo grado, Cuffaro, nel frattempo rieletto presidente della Regione, finì ancora una volta nel mirino del centrosinistra e Sala d’Ercole ancora una volta respinse la mozione. Pochi giorni dopo, però, il governatore si dimise davanti alle pressioni dell’opinione pubblica e al famoso passo falso mediatico del vassoio di cannoli giunto a Palazzo d’Orleans dopo il venire meno dell’aggravante mafiosa nella sentenza di primo grado.
I precedenti di Crocetta e Musumeci
L’altro precedente illustre risale al governo Crocetta: il calendario segnava 30 ottobre 2013 e Crocetta superava le forche caudine della mozione di sfiducia presentata dal Movimento cinque stelle: 46 contrari e 31 favorevoli, con 13 deputati assenti. Nel 2020 la prova dell’aula toccherà a Nello Musumeci: 36 voti contrari e 24 favorevoli alla mozione targata ancora una volta M5s.
La mozione di Pd, M5s e Controcorrente
Domani, mercoledì 19 novembre, Pd, M5s e Controcorrente illustreranno il contenuto della mozione di sfiducia che intendono presentare contro Schifani. Una mozione che, secondo quanto si apprende, tirerà in ballo tutte le vicende giudiziarie che hanno interessato l’attuale legislatura senza tralasciare le conseguenze politiche sull’Esecutivo.
La mozione di sfiducia e il regolamento Ars
Il regolamento dell’Assemblea prevede che la mozione di sfiducia debba essere firmata da almeno un decimo dei componenti del Parlamento e che non possa essere discussa prima di tre giorni dalla presentazione. Palazzo dei Normanni, però, è appena entrato in sessione di bilancio e a questo punto si pone un interrogativo: trattare la mozione di sfiducia prima dell’esame della Finanziaria o mettere in sicurezza la manovra per poi affrontare il giudizio sul governo. La scelta toccherà alla conferenza dei capigruppo: l’organismo sarà chiamato ad indicare la strada di una mozione che riporta il calendario dell’Ars indietro di venti anni.

