PALERMO – Abuso d’ufficio e violazioni edilizie. Ruota attorno a queste due ipotesi di reato l’inchiesta sulla costruzione del cinema multisala nell’ex stabilimento della Coca Cola di Palermo. Quattro persone sono iscritte nel registro degli indagati. Si tratta dell’imprenditore Santo Giuseppe Lanzafame, del progettista Adriano Canepa e dei dipendenti comunali Maria Mandalà e Andrea Schirò. Gli ultimi due sono rispettivamente capo area del settore Sviluppo economico e tecnico dello Sportello unico per le attività produttive. Non siamo ancora riusciti a contattarli per una replica.
L’ipotesi è che il progetto di Tommaso Natale non avrebbe avuto i requisiti per essere approvato. Il via libera sarebbe arrivato grazie alla presunta complicità del dirigente e del funzionario comunale. Tutti hanno ricevuto la proroga delle indagini coordinate dal pubblico ministero Daniele Paci. Indagini partite nel 2013. La Procura sta cercando di districarsi fra decreti e norme, alcune delle quali cambiate in corso d’opera. In soldoni, il progetto non avrebbe rispettato un preciso articolo del testo unico sull’edilizia del 2001. Quello secondo cui, gli interventi di ristrutturazione dovevano rispettare volumetria e sagoma preesistenti. Nel frattempo, però, la normativa è cambiata. Sono state autorizzate anche le variazioni di sagoma. La mancanza di attualità del reato ha frenato le possibili conseguenze delle indagini sul fronte edilizio. Resta in ballo, però, il presunto abuso d’ufficio. Risultato: mentre si indaga i lavori stanno proseguendo. Per la verità sono ripresi dopo mesi di stop.
Il cantiere di Tommaso Natale è stato piuttosto tormentato. Il Tar aveva dato il via libera al completamento della multisala, bocciando il ricorso di una decina di cinema storici palermitani contro il Comune. Infondata fu ritenuta la parte in cui si sosteneva la violazione della normativa regionale che limita l’apertura di nuovi cinema sulla base della distanza chilometrica. Il Tribunale amministrativo, invece, considerò inammissibile il ricorso nella parte in cui si puntava il dito contro i presunti abusi edilizi: il nuovo progetto presentava modifiche rispetto alla vecchia struttura, tanto che fu presentata un’istanza di revoca in autotutela al Sportello unico. Il Tar non affrontò nel merito la questione perché ritenne che gli undici titolari della sale cinematografiche non avessero alcun diritto ad agire. Il Cga, ad inizio agosto, ha dato di nuovo ragione al Comune. “Nella fattispecie – si leggeva nella sentenza – si vedono contrapposti i titolari di imprese cinematografiche che, al fine di limitare l’entrata sul mercato di concorrenti, deducono irregolarità urbanistiche dei provvedimento concessori. In questa ottica ogni titolare diventerebbe una sorta di pubblico ministero, abilitato a vigilare sulla regolarità urbanistica dei titoli edilizi rilasciati ad altri imprenditori e potrebbe sottoporli a giudizio del Tar”.
Undici sale, tremila posti, bar, ristorazione e sala giochi: i lavori per il gigante della Moviplex, che ha delegato la Maxicine srl di Catania, avevano pure attirato l’attenzione dei boss. Il blitz Apocalisse, che ha di recente azzerato i mandamenti di Resuttana e San Lorenzo, ha svelato che i clan mafiosi avevano cercato di intimidire i titolari dell’impresa committente di alcuni sub appalti. Solo che i costruttori Sanfratello denunciarono tutto agli investigatori. Questa, però, è una vicenda giudiziaria separata da quella che si concentra sul mega progetto che tanto ha fatto infuriare i piccoli gestori di cinema.