"Nel fortino di Bianco |gente per ogni stagione" - Live Sicilia

“Nel fortino di Bianco |gente per ogni stagione”

Intervista a tutto campo con il deputato regionale, Nello Musumeci: dalla grande convention del centrodestra in programma l'11 aprile ("Raccolgo già tanto entusiasmo") alle possibili e future alleanze ("Ho incontrato Salvini, vedremo") passando per la politica etnea ("Catania ha bisogno di un patto. In consiglio vi è una maggioranza raccogliticcia, ibrida. L'opposizione? Giovani costretti a vivere in una sorta di ideale orfanotrofio politico").

L'intervista a nello musumeci
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CATANIA. Nello Musumeci ritorna sul “luogo del delitto”. Ovvero, in quella Catania che non è soltanto la sua terra ma anche il laboratorio da dove il centrodestra è stato volano per il resto dello Stivale ben più  di un ventennio fa ormai. Ed il prossimo 11 aprile alle Ciminiere, Musumeci ha chiamato a raccolta tutti: per una grande convention da dove ripartire. “La politica deve saper trasmettere entusiasmo e quella di oggi non è in grado. L’11 aprile il popolo del centrodestra siciliana lancerà un appello, un progetto, un programma: raccolgo già tante  adesioni e tanto entusiasmo che coinvolge tutti. La buona politica deve tornare a parlare al cuore dei siciliani”.

Presidente, ma ritiene davvero possibile, oggi, una rifondazione del centrodestra?
“Io credo che sia presuntuoso parlare di rifondazione del centrodestra. Mi piacerebbe dire che occorre tentare di tenere alta la tensione morale all’interno del centrodestra: di fronte ad uno sfilacciamento sempre più logorante, ed in un certo senso di fronte ad uno smarrimento che sembra avere colpito soprattutto la nostra base in Sicilia, è paradossale che in una regione dove la maggioranza morale non sta a sinistra, noi non siamo ancora capaci di realizzare una alternativa politica chiara, convincente e capace di mobilitare il nostro tradizionale elettorato”.

E’ automatico domandarle, perché?
“Io le dico che assieme ad un gruppo di persone, tra cui il senatore Raffaele Stancanelli, stiamo lavorando per tenere vivo il confronto. Pur consapevoli che, attorno a noi, la geografia politica si muove con una celerità inimmaginabile fino a qualche anno fa”.

Perché nel centrodestra si è arrivati fino a questo punto?
“Le cause sono tante così come le responsabilità. Io credo che il centrodestra abbia perso l’appuntamento con la storia. La più grande occasione, una volta al governo, era quella di marcare la discontinuità con il passato: cioè con decenni che avevano visto il centrosinistra determinare le condizioni per le quali oggi stiamo tutti pagando. La discontinuità non è stata segnata perché le nuove forze di destra – che non avevano avuto responsabilità di governo nella Prima repubblica – si sono lasciate omologare da sistemi e metodi che abbiamo ereditato”.

Questo per quanto concerne la questione nazionale: per Catania e la Sicilia vale lo stesso?
“Certo che vale anche per la nostra terra. Perché il mito del 61 a 0 in Sicilia non è valso assolutamente a nulla: è stato un momento di vana gloria perché il centrodestra non è stato in grado di mantenerlo. Nemmeno in minima parte. Convinti che la vittoria fosse il punto d’arrivo ed, invece, come tutti sanno in politica la vittoria è solo un punto di partenza”.

A Catania si avverte di più questo scoramento della base del centrodestra?
“La nostra base era abituata ad avere come riferimento un partito unito, pur diviso nella dialettica interna. Poi, Fini fece un capolavoro di stupidità ed ha mandato alle ortiche sessant’anni di storia; oggi, quella classe dirigente è polverizzata in diversi partiti politici. Non più in un solo e credibile partito”.

Che mi dice di Salvini, è vero che lo ha incontrato?
“Io l’ho incontrato di recente a Roma. Ci siamo confrontati su alcuni temi ed abbiamo concordato sull’auspicio che ci possa essere un punto d’incontro tra movimento politico che mi ha sostenuto alle regionali ed il suo movimento. Mi è sembrato convinto che ci fosse più di una ragione per fare un percorso comune”.

Un accordo con la Lega, insomma.
“Se Salvini ha abbandonato le mire secessioniste ed ha sposato una visione nazionale non può che farmi piacere: lui oggi occupa un posto lasciato vuoto da altri. Ma ho incontrato anche Raffaele Fitto che ho visto a Palermo e col quale abbiamo condiviso la necessità di rimettere assieme un centrodestra fortemente debilitato ed incerto ma che deve diventare alternativa al renzismo e al crocettismo”.

Che mi dice dell’opposizione di Palazzo degli Elefanti?
“Beh, quando si dice “rottamiamo gli anziani”, io penso sempre all’alternativa: temo che in politica i giovani siano tutti costretti a vivere in una sorta di ideale orfanotrofio perché non ci sono più riferimenti. Non ci sono più padri. Io, nel mio impegno politico, ho improntato la mia formazione e la mia azione a due uomini con i quali ho condiviso una parte importante del mio percorso: Enzo Trantino e Vito Cusimano”.

Mi vuol dire che oggi, in pratica, mancano figure come le loro?
“Trantino e Cusimano sono persone che testimoniavano un esempio: un modello da emulare. Oggi tempo che i giovani non abbiano più riferimenti e questa condizione si ripercuote anche al consiglio comunale di Catania che è il paradigma di una assoluta incertezza”.

In che senso lo dice?
“In consiglio vi è una maggioranza raccogliticcia, ibrida: che non ha nulla a che vedere con la storia di Enzo Bianco. Non è la mia storia, ma merita rispetto. E, dall’altra parte, una opposizione che appare stanca. Che appare affaticata, fatta eccezione per qualche giovane animato di buona volontà”.

Le va di fare un bilancio sulla sindacatura Bianco?
“Non sono abituato a fare pagelle. Con Enzo Bianco ho condiviso un decennio di sodalizio istituzionale: la stagione della Primavera di Catania ha visto impegnati i due Enti, sotto bandiere diverse, in un rapporto di leale e sana competizione. Bianco non è più il sindaco della primavera di Catania. Ma non lo è anche perché è mutato il contesto nel quale opera e perché non ha più una maggioranza omogenea come quella degli anni novanta”.

Cosa significa?
“Significa che il fortino di Bianco è stato espugnato da gente buona per tutte le stagioni”.

Il fortino espugnato dal gattopardo, insomma.
“Il gattopardismo è una costante nelle vicende politiche siciliane. Ma qui il problema è che ad aprire la porta del fortino è stato proprio il sindaco. Insomma, si è messo l’acqua in casa senza avere i tubi”.

Da cosa dovrebbe ripartire Catania?
“Catania, come in tutta l’isola, ha bisogno di una svolta nella pubblica amministrazione. Ed in questo è la Regione che deve far partire una riforma. Quella stessa Regione che non ha avviato una seria e corretta politica per gli enti locali: gli amministratori sono ormai lasciti soli; in una solitudine affollata di mercanti, di mercenari, di opportunisti. Credo che a Catania serva un patto per la città: sottoscritto dalle istituzioni, dalle organizzazioni sindacali, dall’Università. Perché in un momento così grave non può non esservi la mobilitazione di tutti. Occorre mettersi tutti attorno a un tavolo”.

Lei ha anche richiamato più volte ad un codice etico: non rischia di essere un proposito inattuabile?
“In questo momento di grande confusione, i problemi della corruzione, della concussione, della legalità, restano temi incombenti. E questo riguarda sia la burocrazia e la politica. Serve un codice etico e della responsabilità per tutti. Insomma, Catania ha la materia prima per potere uscire dal tunnel ma serve creare un clima di ottimismo senza minimizzare la gravità dei problemi”.


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