Siccità in Sicilia, Musumeci: "Mancano 180 milioni di metri cubi d'acqua"

Siccità in Sicilia, Musumeci: “Mancano 180 milioni di metri cubi d’acqua”

Il ministro ha parlato anche dell'emergenza incendi
LE DICHIARAZIONI
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PALERMO – “Per potere arrivare a fine anno la Sicilia, dove già in un centinaio di Comuni l’erogazione idrica è razionata per contrastare la siccità, deve recuperare 180 milioni di metri cubi d’acqua, la metà delle risorse idriche necessarie per una gestione ordinaria annuale“. A fornire il dato è stato il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, nel corso della trasmissione Il Punto dell’emittente Telecolor di Catania.

“Spero che ci siano i progetti esecutivi – ha detto Musumeci -. Vedremo di trovare le coperture finanziarie almeno per i primi dieci interventi”. Il governo di Renato Schifani ha inoltrato a Roma la richiesta dello stato di calamità per la siccità. “Gli uffici ci stanno lavorando, sono convinto che sarà accolta – ha anticipato il ministro -. Questo consentirà di dare una cornice, la Protezione civile inoltre procederà alla fornitura delle autobotti“.

“Emergenza strutturale”

“La legge permette la possibilità anche di requisire i pozzi privati per fronteggiare le criticità. Lo Stato ha il compito di intervenire dal punto di vista strutturale, spetta alla Regione provvedere alla gestione della situazione contingente e decidere se procedere con il razionamento”. Musumeci ha sottolineato che “in Sicilia è fuori dubbio che ci sia un’emergenza strutturale”.

Musumeci ha parlato delle dighe presenti sull’Isola: “Quarant’anni fa si costruirono le dighe ma non furono collaudate, fu il mio governo, quattro anni fa ad avviare i collaudi. Purtroppo è mancata la programmazione nonostante il fiume di denaro: dalla Cassa del Mezzogiorno fino ai fondi strutturali”.

“C’è tanto da fare – ha proseguito -. È chiaro che per realizzare alcune opere serviranno degli anni, ma alcuni interventi si possono fare in tempi brevi, penso ai laghetti aziendali sui quali il mio governo ha puntato dando una grossa mano alle imprese”.

“Nell’estate del 2001 mi recai in un’isola minore, non dico quale: vidi la nave cisterna col bocchettone collegato alla terraferma mentre riforniva d’acqua l’isola. Ne rimasi colpito, chiesi al sindaco se fosse normale tutto ciò quando basterebbe un dissalatore. Lui mi prese sottobraccio e mi rispose: presidente è troppo complicato, ci levi mano”.

Gli incendi e lo stato di calamità

“Bisogna dire la verità. Dichiarare lo stato di emergenza per gli incendi non significa dare ai privati i rimborsi per le case bruciate, ma significare costruire quella cornice per consentire ai Comuni e alle Regioni di potere agire in deroga e di potere ricevere il rimborso del denaro speso per avere fronteggiato l’emergenza“. Così il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, ha risposto durante l’intervista alla trasmissione il Punto dell’emittente Telecolor di Catania.

La questione riguarda gli incendi che a luglio e a settembre dell’anno scorso hanno danneggiato aziende, allevatori, privati cittadini oltre a mandare in fumo decine di ettari di boschi e macchia mediterranea in Sicilia, soprattutto nella provincia di Palermo. “Non esiste una legge che imponga allo Stato di risarcire i danni provocati dal fuoco ai cittadini privati, purtroppo non esiste”, ha concluso.

“Perplesso sul carcere ai giornalisti”

“Oggi sembra sia arrivato il tempo di normare meglio l’attività giornalistica, che lo si debba fare con multe salate o addirittura con la detenzione naturalmente ho qualche seria perplessità ma non sarò io a fare il censore dei parlamentari, sia chiaro da qualunque parte dovesse arrivare questo tipo di iniziativa”. Ha aggiunto Musumeci rispondendo a una domanda sull’emendamento inserito nel disegno di legge sulla diffamazione, che prevede il carcere per i giornalisti.

“Oggi dobbiamo essere ancora più di ieri garantisti. Ricordo bene quanti politici abbiamo sbattuto in prima pagina e noi abbiamo contestato dai palchi dei comizi e poi dopo due-tre anni sono risultati innocenti: per un politico ricominciare daccapo è difficile. È vero e sarebbe assurdo non riconosce che alcune parti del giornalismo italiano negli ultimi anni abbiano perso di vista il riferimento etico e deontologico e anche vero che non bisogna assolutamente sottovalutare come la gestione spregiudicata e irresponsabile di un certo tipo di giornalismo abbia rovinato la vita a tantissime persone per bene – ha concluso -. Che questa sanzione possa essere il rimedio peggiore del male ho qualche dubbio ma una messa in regola in officina sull’attività del giornalismo è necessaria”.


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