PALERMO – “In questi giorni Enza avrebbe compiuto quarant’anni. Sento ogni secondo la sua mancanza e quella della nostra bambina. Sono a pezzi”. Tra due mesi e mezzo sarà passato un anno da quella terribile domenica: per Fabrizio Geraci, 41 anni, il tempo scorre nel dolore dal 16 giugno 2014, quando l’auto su cui viaggiava insieme alla moglie e alla loro piccola Sofia, precipitò dal viadotto Sacchitello dell’A19 in seguito al terribile impatto con un’altra auto.
Enza Potestio, avvocato 39enne, morì sul colpo insieme alla bimba. Geraci riportò invece ferite gravissime e la sua vita restò appesa a un filo per circa un mese, fino al trasferimento per la riabilitazione al San Raffaele Giglio. Oggi è un uomo che è tornato al lavoro – è un dipendente dell’ospedale di Cefalù – e che tenta ogni giorno di affrontare la quotidianità senza gli affetti più cari, quella che una triste realtà gli ha violentemente strappato.
Un’amarezza a cui si aggiunge adesso quella della ricerca della verità, con l’obiettivo di accertare cosa abbia provocato l’incidente, avvenuto in una giornata di pioggia sulla strada di ritorno verso casa e per il quale l’ipotesi accusatoria nei confronti di Geraci è di omicidio colposo.
“So che come prevede la legge in casi simili – dice – è un atto dovuto, ma per me è ugualmente un ulteriore motivo di sofferenza. Io non ricordo nulla di quella domenica, non ho memoria nemmeno del giorno prima, delle ore trascorse con mia moglie. So soltanto che stavamo tornando da Troina, in provincia di Enna, perché la bambina effettuava ogni settimana fisioterapia, non riusciva ancora a camminare. Per sentirmi più al sicuro avevo chiesto in prestito l’auto a mio padre, la Nissan Qashqai, ma purtroppo non è stata sufficiente a salvare mia moglie e mia figlia”.
Secondo la ricostruzione effettuata dalla polizia stradale di Enna quel giorno, il suv guidato da Geraci sarebbe volato già dal viadotto in seguito allo schianto con una Renault Megane in cui si trovavano due persone di Canicattì ed una di Caltanissetta: chi era al volante della macchina ne avrebbe perso il controllo forse per l’asfalto viscido, finendo contro il guardrail – solo recentemente interessato da alcuni lavori che ne hanno aumentato l’altezza proprio in quel punto – e l’auto con a bordo la famiglia non sarebbe riuscita ad evitarla. Uno schianto violentissimo che ha provocato il volo della Qashqai per circa quindici metri. Poi i soccorsi, la corsa disperata in ospedale per Geraci. E la disperazione.
“Adesso cerco di andare avanti – spiega -. Sono tornato al lavoro a dicembre, mi avevano consigliato di non farlo, ma non riuscivo più a stare a casa, immerso nei ricordi e nelle lacrime. Stare con i colleghi è un modo per evitare di pensare a quello che mi è successo, ma non è per niente semplice”.