"Neri di merda dovete morire" | Il film dell'aggressione - Live Sicilia

“Neri di merda dovete morire” | Il film dell’aggressione

Un frame delle immagini dell'aggressione

Gli insulti e le violenze subite da un gruppo di giovani gambiani. "Odio verso una razza inferiore".

PALERMO – “Neri di merda dovete morire, entro stasera vi ammazziamo tutti, falli scendere che te li riporti in comunità tutti morti”, urlava con la pistola in pugno uno degli aggressori della notte di Ferragosto, a Trappeto, ai danni di cinque ragazzi gambiani e di una mediatrice culturale palermitana.

Sette persone finiscono agli arresti su richiesta del procuratore aggiunto Marzia Sabella e del sostituto Giorgia Spiri. Antonino Rossello, i fratelli Roberto e Salvatore Vitale, ed Emanuele Spitaleri vanno in carcere per minaccia e violenza, aggravati dall’odio razziale. Domiciliari per Valentina Mattina, moglie di Spitaleri, Giacomo Vitale, padre di Roberto e Salvatore, e Rosa Inverga, moglie di Giacomo Vitale. Indagata a piede libero Maria Cristina Schirò.

I pubblici ministeri e il giudice per le indagini preliminari Walter Turturici non hanno dubbi: “È emerso con certezza che gli aggressori hanno considerato i giovani extracomunitari si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – come soggetti appartenenti ad una razza inferiore, alla quale non sarebbe consentito essere presente nel territorio italiano e ancor meno sarebbe consentito partecipare ad una festa del tipo di quelle organizzate per la notte di Ferragosto”.

Picchiati, inseguiti e di nuovo picchiati: i carabinieri hanno ricostruito tutte le fasi dell’aggressione. I ragazzi, tutti di età compresa fra i 17 e i 18 anni, sono ospiti della comunità di accoglienza Mediterranea di Partinico. Decidono di trascorrere la serata a Trappeto. Mentre si trovano sul lungomare vengono avvicinati da un gruppo di palermitani. “Tutto a posto?”; “Sì”, rispondono i ragazzi che stanno scherzando fra di loro. Il loro sorriso viene frainteso: “Che cazzo ridete, voi venite qua nel nostro territorio perché non tornate in Africa”.

Vengono accerchiati, volano prima spintoni e poi calci, pugni e lanci di pietre. Per fortuna arriva il pullman, un Fiat Scudo, della comunità che deve riportare i ragazzi a Partinico. “Prendiamo le macchine”: sembra finita ed invece inizia un inseguimento. Una macchina tampona il pullman, un’altra gli taglia la strada. Arriva una terza auto. Una dozzina di persone circondano i migranti: “Scendete, devo uccidere a tutti perché ho la pistola”. E ancora calci, pugni e colpi di bastone. Alcuni giovani riescono a scappano e raggiungono la comunità a piedi. Le fasi dell’inseguimento vengono immortalate da alcune telecamere di sorveglianza. Dai fotogrammi i carabinieri del Gruppo Monreale e della compagnia di Partinico sono risaliti all’identità di sette aggressori. Le indagini, però, proseguono per identificare tutti coloro che hanno contribuito ad “una prolungata e selvaggia aggressione, dettata da abiette finalità di discriminazione razziale e posta in essere con modalità brutali e ripugnanti rispetto al comune sentire ed alle più elementari regole del vivere civile”.


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