Partiamo da una domanda tranchant. Michela Giuffrida, lei è l’ex direttrice di Antenna Sicilia: perché dovremmo votare una giornalista e non un politico “puro”?
“Perché nessuno come un giornalista conosce i problemi dal di dentro. Per raccontare un problema, devi capirlo e comprendere quali siano gli strumenti per risolverlo. Io credo molto nella capacità del giornalista di risolvere i problemi”.
Michela Giuffrida ha le idee chiare. Chiacchierando con lei, il suo pedigree da giornalista televisiva viene allo scoperto continuamente: nella capacità di andare al punto, in quella di svicolare quando è necessario, ma soprattutto nella velocità delle sue risposte, scandite da un ritmo serrato anche quando sono inattese. Del resto, l’esponente di Articolo 4 “prestata” alle liste del Partito democratico per le Europee di quel pedigree va fiera, perché ritiene che possa essere un valore aggiunto per la sua esperienza in politica: “Un giornalista – dice – deve saper ascoltare la gente, deve saper acquisire i dettagli e deve saper capire perché le cose si inceppano. C’è un parallelismo, fra il buon giornalismo e la buona politica. Ci hanno insegnato alla scuola di giornalismo che siamo i cani da guardia della democrazia. Una candidatura è un altro modo per esserlo. E politici e cronisti non sono in antitesi”.
Ecco, partiamo da questo punto: dal passaggio da una categoria all’altra. Mi racconti un retroscena: come è nata la sua candidatura? È arrivata a pochi giorni dalla scadenza, ma ne aveva discusso prima con Articolo 4?
“Non è un mistero: il mio posto non esisteva perché Giusy Nicolini aveva accettato la candidatura. Poi, quando si è ritirata, è venuto fuori il mio nome. Non è un mistero che la candidatura mi è stata proposta, e che non l’ho chiesto io. All’inizio ero sorpresa e ho risposto di no”.
All’inizio. Poi cos’è scattato?
“Lino Leanza mi ha chiamata per candidarmi da indipendente di Articolo 4. Ho avuto una notte di travaglio, poi mi ha chiamato Lorenzo Guerini, il vicesegretario nazionale del Pd, e mi ha chiesto quali fossero le mie perplessità”.
Già: quali erano le sue perplessità?
“Era un salto in un modo al quale ero estranea. Da giornalista non ho mai voluto una tessera di partito, ma sono fiera delle mie idee. Stavo presentando il libro di una cara amica, Giuseppina Torregrossa, e ho saputo di essere candidata da un alert che mi è arrivato sull’iPad”.
Sì, ma la telefonata con Guerini com’è finita?
“Mi ha detto: ‘Dimmi che ci penserai’. Devo dire che sia l’offerta della candidatura, sia essere stata sollecitata dal Partito democratico nazionale mi lusinga. Sono convinta fra l’altro che si tratti di elezioni importantissime”.
Perché?
“Perché stiamo vivendo una specie di Costituente europea. È importante, ora come mai, cogliere l’opportunità che l’Europa rappresenta soprattutto per noi, che siamo un’isola che si percepisce come lontana, e nonostante questo qualcuno, sull’onda di beceri populismi, spinge per buttare a mare l’euro. E poi l’occasione rappresentata dai fondi comunitari è un’occasione che non possiamo perdere”.
Proviamo a definire l’agenda. Mi convinca a votarla: quali sono le tre battaglie che Michela Giuffrida farebbe in Europa?
“La prima partita si gioca sicuramente sul turismo. Noi siciliani ci fregiamo di sole e mare, dimenticando che anche Paesi come la Tunisia o il Marocco ce li hanno. Invece siamo la Regione con il più alto tasso di siti Unesco, ma i nostri musei sono chiusi o non hanno le brochure in inglese. Disperdiamo un patrimonio enorme: avremmo cultura, un’enogastronomia di qualità, un’identità unica, eppure sprechiamo questa ricchezza”.
Seconda priorità.
“Il lavoro. Viviamo in una terra aggredita dall’illegalità e dobbiamo difenderla. Per farlo abbiamo strumenti che non utilizziamo: ad esempio ci sono misure europee per i giovani fino a 29 anni che non utilizziamo. E intanto i nostri giovani se ne vanno. E questa è la terza priorità”.
I giovani?
“La fuga dei cervelli. Io ho una figlia di 18 anni che avrebbe avuto la possibilità di studiare fuori, ma ha scelto di restare come avevo fatto io prima di lei. Ma i giovani, intanto, scappano da questa terra: lei lo sa che negli ultimi 3 anni se ne sono andati in 45 mila? Ecco: questo è uno dei motivi per i quali ho scelto di candidarmi. Dobbiamo fare qualcosa per loro”.
Facciamo un attimo un passo indietro. Mi diceva che non ha mai avuto tessere, e in effetti la sua candidatura è da indipendente al quadrato: indipendente in Articolo 4, che a sua volta presta un indipendente al Pd. Prenderà una delle due tessere, se sarà eletta?
“Intanto mi faccia dire una cosa: io aderisco alle idee. Io credo nelle persone. Vengo da un incontro con i sindacati: mi hanno espresso grande soddisfazione per l’attività di Lino Leanza da assessore al Lavoro. Chiamare un movimento ‘Articolo 4’ è un segnale importante: un riferimento importante al lavoro e alla costituzione. E poi Articolo 4 ha dato dimostrazione di essere un movimento unito, e questo è un altro valore aggiunto. La gente non ne può più delle liti in politica, e io sono d’accordo”.
Devo dedurne che non si trova a suo agio nel partito che la ospita in lista. Il Pd è dilaniato dalle liti.
“Assolutamente no: sono a mio agio perché sono stata accettata con grande apertura. Sono stata più a stretto contatto con persone che naturalmente conoscevo già e della quale avevo grande stima, e nessuno di loro mi ha fatto pesare le opinioni che ho espresso sullo spettacolo che la politica ha offerto negli ultimi mesi”.
Che spettacolo ha offerto?
“Non ha offerto uno spettacolo edificante, ma non mi riferisco solo al Pd”.
Che però ha fatto la parte del leone.
“Il Pd ha avuto dure contrapposizioni che la gente non capisce. Ecco: vorrei essere un valore aggiunto in quanto super partes. Non accetto la logica delle correnti”.
Da persona super partes mi dia un giudizio: fra il segretario del Pd e il presidente della Regione chi aveva ragione?
“Dare un giudizio netto è parteggiare, ma…”.
Già, lei è una giornalista e sa dove vado a parare, quindi glissa. Ok, mi dia questa risposta moderata.
“No, no, le rispondo. Il segretario ha dato una grande dimostrazione di equilibrio. Il presidente si è dovuto dividere fra logiche di corrente e logiche di governo, e questo ha generato una distorsione. Per fortuna ne siamo venuti fuori”.
Ne siete venuti fuori?
“Guai se questo voto viene trasformato in un referendum sul governo regionale: è un’opportunità per questa terra. Non deve essere usata come clava verso questa o quell’altra corrente. È una lista equilibrata, con esponenti della società civile, con quattro donne e quattro uomini. Anzi, a proposito: mi faccia dire una cosa”.
Dica.
“Si vota con la preferenza di genere: se si esprimono tre preferenze, una dev’essere una donna. C’è stata poca comunicazione istituzionale, su questo. È bello che ci sia la preferenza, in queste elezioni. Mi piacerebbe però che il voto non fosse macchiato da logiche altre: in passato ci siamo trovati a raccontare di buoni benzina e pacchi di pasta per un voto”.
A proposito di pacchi di pasta: l’ultima inchiesta su un caso simile riguarda proprio un esponente del Pd. Si tratta di Nino Papania, accusato di voto di scambio. Cosa potete fare per evitare che il voto sia macchiato?
“È proprio il discorso che sto facendo: se si prescinde dalla conta si ha la garanzia di non doversi vergognare”.