ENNA – Cinque persone sono state arrestate dai militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Enna nell’ambito di un’inchiesta su un presunto complesso sistema di frode fiscale realizzato tra Nicosia, Siracusa e Catania.
I reati ipotizzati, a vario titolo, nei confronti di nove indagati sono trasferimento fraudolento di valori, emissione di fatture per operazioni inesistenti, occultamento e distruzione di scritture contabili, riciclaggio, autoriciclaggio e violenza privata, oltre a reati societari e ambientali.
Gli arrestati
In esecuzione di un provvedimento del gip di Enna, emesso su richiesta della Procura, le Fiamme gialle hanno arrestato e condotto in carcere due imprenditori e amministratori di una impresa operante nel settore della vendita e del montaggio di infissi e un commercialista, tutti di Nicosia. In carcere il 60enne Alfredo Lo Faro, poi Antonio La Porta di 57 anni e Antonino Battaglia di 64.
Posti agli arresti domiciliari altri due indagati. Sono un uomo e una donna, rispettivamente Carmelo Sillicato di 62 anni e Eleonora Abbruzzo di 39, titolari di altre due aziende. Disposto anche il sequestro di beni per un milione di euro.
Dalle indagini dei militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Nicosia sarebbe emerso che uno dei due imprenditori, per oltre un ventennio, sarebbe stato socio occulto di un’azienda. Va precisato che per tutti gli arrestati vige la più assoluta presunzione di non colpevolezza.
L’accusa
Di questa azienda avrebbe ceduto fittiziamente il 51% delle quote societarie per eludere eventuali misure di aggressioni patrimoniali. Inoltre, contesta la Procura di Enna, ci sarebbe stata una contabilità parallela, totalmente “in nero”, utilizzata anche per mascherare le operazioni riconducibili al socio occulto.
Per la Procura di Enna, “il secondo imprenditore, amministratore formale dell’impresa, e gli altri indagati, con il supporto del commercialista, avrebbero agevolato il meccanismo fraudolento drenando ingenti proventi illeciti generati attraverso false fatturazioni e reiterate condotte di riciclaggio ed autoriciclaggio”.
Uno stratagemma, sostiene l’accusa, che “oltre ad abbattere illecitamente le basi imponibili della società, avrebbe falsato l’effettiva redditività della stessa escludendo in tal modo altri soci di minoranza dalla legittima partecipazione agli utili”.