PALERMO – In commissione Bilancio della Camera la Lega propone lo stralcio di 100 milioni di euro per i lavoratori socialmente utili del comune di Palermo e del comune e della provincia di Napoli ed è caos. La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno nel tardo pomeriggio: Guido Guidesi, capogruppo per la Lega Nord nella commissione di Montecitorio, analizzando la legge di Stabilità 2015, vuole infatti stralciare una ventina di articoli tra cui proprio quello che destina i fondi ai tre enti locali del Meridione e ha fatto inserire la richiesta di stralcio nel parere della commissione bilancio inviato al presidente della Camera Laura Boldrini. La decisione finale spetterà al presidente della Camera, ma in caso di via libera a rimetterci i soldi sarebbe Palazzo delle Aquile.
Per Palermo si tratta infatti del così detto Coime (il Coordinamento interventi di manutenzione edile del comune di Palermo), ovvero di quei circa 2mila lavoratori che dalla metà degli anni Ottanta si occupano di lavori edili ma non solo. La storia risale addirittura al 1986 quando con il Decreto legge 24 lo Stato (presidente del Consiglio è Bettino Craxi, ministro del Lavoro Gianni De Michelis) concede al capoluogo siciliano 25 miliardi delle vecchie lire per la realizzazione di “interventi indifferibili e urgenti di manutenzione e salvaguardia del territorio, nonché del patrimonio artistico e monumentale della città”. Un obiettivo che il Comune avrebbe dovuto perseguire con proprio personale o, in alternativa, facendo ricorso a contratti di diritto privato a termine per l’utilizzazione, sino ad uni massimo di mille unità, di lavoratori avviati dall’ufficio di collocamento con qualifiche del settore edilizio. Un progetto che sarebbe dovuto durare al massimo un anno ma che, nei fatti, è stato di anno in anno prorogato aumentandone anche lo stanziamento. Basti pensare che l’anno dopo, nel 1987, agli operai edili vengono aggiunti anche geometri, architetti, ingegneri e geologi creando una sorta di bacino di precari, con contratti rinnovati di anno in anno grazie anche ai fondi statali.
Un bacino che però nel 2000, contrariamente a quanto accaduto a Napoli (dove sono rimaste le cooperative), è stato stabilizzato in virtù di un accordo tra l’allora sindaco Orlando e il ministero dell’Interno. Il Parlamento, ogni anno, stanzia 100 milioni di cui 28 per il capoluogo che di suo ne mette altri nove (in totale 37), il tutto per pagare dipendenti che col tempo sono diminuiti di numero (arrivando a poco più di un migliaio), perché queste somme, contrariamente a quelle per gli lsu (i famosi 55 milioni dell’era Cammarata), non sono strutturali.
Quanto accaduto in commissione Bilancio ha però messo in allarme il sindaco Orlando: “La decisione della commissione bilancio della Camera che ha respinto il finanziamento di 100 milioni destinato a lavoratori impegnati presso il Comune di Palermo e di Napoli è un atto di eccezionale gravità. Non è certamente questo il modo di reperire risorse e di contribuire allo sviluppo del Mezzogiorno e, comunque, stiamo parlando di salari che vengono resi a seguito di prestazioni lavorative. Nell’augurarsi che il governo e la maggioranza in parlamento confermino il finanziamento, l’amministrazione comunale, in ogni caso, adotterà ogni passo utile perché venga rivista questa posizione”.
Negli effetti lo Stato paga solo dopo rendicontazione: ogni intervento eseguito va spiegato al ministero che poi finanzia. Ma anche se il presidente della Camera dovesse decidere di approvare lo stralcio della norma, per i lavoratori del Coime non cambierebbe nulla visto che in quel caso dovrebbe essere Palazzo delle Aquile a mettere i soldi. Fino all’ultimo centesimo. Lo prevede proprio l’accordo del 2000 con il ministero: il punto 4 recita che “il comune di Palermo si impegna ad assumere a proprio carico gli oneri finanziari necessari ed ulteriori rispetto ai trasferimenti erogati dallo Stato, anche ove questi venissero a mancare”.
Insomma, se il Parlamento chiude i rubinetti a farne le spese saranno le casse del Comune che dal prossimo anno dovrebbero sborsare 28 milioni in più per mantenere (dati 2012) 1.095 i dipendenti (chiamati ex dl 24): un dirigente, 30 quadri, 190 impiegati (dal secondo al sesto livello) e 874 operai (dal primo al quarto livello). I dipendenti del Coime svolgono i servizi più disparati: oltre a occuparsi della manutenzione di scuole, uffici, piccole opere pubbliche, rifacimento marciapiedi e ristrutturazioni con muratori, falegnami o fabbri, comprende anche giardinieri, autisti, guardie giurate, portieri e amministrativi. Perché il Coime, per esempio, è deputato alla gestione dell’intero parco Cassarà, dove ha la sua sede (e che è stato posto sotto sequestro per il pericolo amianto), ma anche del verde del Teatro di Verdura e della Zisa, oppure con le sue 13 guardie giurate assicura la vigilanza al Cassarà, nelle biblioteche, all’Ecomuseo del Mare o ai Cantieri culturali della Zisa. Altri sono invece distaccati alla Ragioneria, al Centro storico, al Cerimoniale o alla Mobilità, un gruppo invece gestisce manutenzione e servizio di portineria all’Ecomuseo del Mare.