Nonno, figlio e nipote|Dalle stragi allo champagne - Live Sicilia

Nonno, figlio e nipote|Dalle stragi allo champagne

La saga mafiosa dei Farinella

PALERMO – Per i Farinella la mafia è una questione di famiglia. Mafioso era Giuseppe Peppino Farinella, morto tre anni fa. Mafioso è il figlio Mico e mafioso, forse, è pure il figlio di quest’ultimo, che si chiama Giuseppe come il nonno.

Peppino, il nonno stragista

Peppino Farinella è morto all’ospedale di Parma nel 2017. Aveva 91 anni. Il boss stragista di San Mauro Castelverde era detenuto al carcere duro dal 1994. Faceva parte della cupola di Cosa Nostra che diede il via libera alle stragi di Capaci e via D’Amelio. Un tempo legato ai capimafia palermitani, si era schierato con i corleonesi.

Gli ultimi mesi di vita li aveva trascorsi nel centro clinico ospedaliero. La sua condizione riaprì i dibattito sul 41 bis. Il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto trattare la richiesta di differimento della pena. Non fece in tempo. La Cassazione aveva accolto il ricorso del legale di Farinella, l’avvocato Valerio Vianello, ribadendo il principio di umanità della pena. Per confermare il carcere duro a un detenuto anziano e malato occorreva spiegare come fossero conciliabili “l’affermata capacità delinquenziale” con “l’effettiva possibilità di esprimerla concretamente” nelle “pur accertate condizioni patologiche in cui egli versa”.

Secondo i pubblici ministeri, al contrario, Peppino Farinella era “portatore di un altissimo tasso di pericolosità sociale”, capo di un clan “ancora operante”, senza che vi fossero stati segnali di dissociazione, anzi “anche durante la detenzione ha continuato a comunicare con il sodalizio” e “si era dimostrato capace di mettervi a capo il figlio e poi il genero e di organizzare gravi delitti all’interno del carcere”.

Mico ha evitato l’ergastolo

In carcere nel blitz di oggi torna il figlio di Giuseppe, Domenico Mico Farinella, 57 anni. Anche lui fu arrestato nel 1994. L’anno scorso un ricalcolo della pena basato sull’indulto gli spalancò inaspettatamente le porte del carcere dove altrimenti sarebbe dovuto restare per sempre.

Nel suo curriculum criminale ci sono tre condanne a 12, 26 e 30 anni. Se si sommano due condanne superiori a 24 anni scatta l’ergastolo. Così è stato per Farinella. Nel ricalcolo della pena, però, si scoprì che quella a 26 anni andava ridotta a 23. Dunque l’anno scorso sono venuti meno i presupposti per l’ergastolo e Farinella è stato scarcerato.

Tra le condanne subite c’è quella condivisa con il cognato Santi Pullarà, boss del mandamento palermitano di Santa Maria di Gesù (Farinella ha sposato una Pullarà) per l’omicidio di Antonino Cusimano, assassinato con tre colpi di pistola nelle campagne di Castelbuono, il 2 ottobre del 1990. Cusimano, titolare di un’agenzia di assicurazione, sarebbe stato assassinato per non avere pagato dei debiti a persone protette dai Farinella. Il movente è sempre rimasto oscuro.

“Il rampollo al fianco del padre”

Tra gli undici fermati di oggi c’è anche il figlio di Mico Farinella, Giuseppe. È lui che all’età di 27 anni avrebbe guidato il mandamento mafioso durante la detenzione del padre e nell’ultimo anno vissuto da Mico Farinella al soggiorno obbligato a Voghera. Del giovane Farinella si parlò quando aveva appena vent’anni. Nel 2013 fu arrestato per aggressione aggravata. Insieme ad altri quattro ragazzi se l’era presa con il gestore di un pub in piazza Unità d’Italia che aveva chiamato la polizia perché gli era stata rubata una bottiglia di champagne. Il giovane Farinella ha patteggiato una condanna a otto mesi.


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