PALERMO – Avevano un bersaglio dritto a prua. Il pericolo di collisione era evidente. Lo avrebbero ignorato per 24 lunghi minuti. Senza cambiare rotta, né rallentare la velocità. Il bersaglio della petroliera Vulcanello era il peschereccio ‘Nuova Iside’. Lo speronamento poteva e doveva essere evitato. Ed invece ci fu un epilogo drammatico. L’imbarcazione colò a picco, risucchiando in fondo al mare Giuseppe, Matteo e Vito Lo Iacono.
Il giudice per le indagini preliminari Annalisa Tesoriere accoglie la ricostruzione del procuratore aggiunto Ennio Petrigni e del sostituto Vicenzo Amico. Giuseppe Caratozzolo, terzo sottufficiale di coperta della petroliera, si sarebbe disinteressato della gestione della cura della navigazione notturna. Il comandante Giuseppe Costagliola non avrebbe supervisionato e controllato la navigazione. L’armatore Raffaele Brullo sarebbe intervenuto sullo scafo della Vulcanello per cancellare la prova dell’impatto col Nuova Iside.
L’armatore si trova ai domiciliari per frode processuale e favoreggiamento, gli altri due sono in carcere per naufragio. Una quarta persona è ancora ricercata all’estero.
Così vengono ricostruiti i fatti della tragica notte del 12 maggio 2012. I Lo Iacono chiamano i parenti a casa, come fanno sempre. Tutto procede in maniera regolare, una volta tirato su il palangaro calato in mare nelle ore precedenti, averebbero fatto rientro a Terrasini. Rientro previsto entro mezzogiorno dell’indomani. Ed invece non avrebbero più fatto ritorno a casa.
Dalle 23:02 alle 23:04 del 12 maggio 2020 la petroliera Vulcanello intercetta il peschereccio ‘Nuova Iside’ già visibile al radar sulla rotta della Petroliera fin dalle 22:30 e a 5 miglia di distanza. La Vulcanello è diretta a Vibo Valentia. L’impatto avviene a largo di San Vito Lo Capo.
Analizzando i tracciati, secondo gli investigatori, la petroliera procede senza mai variare la rotta, mantenendo la velocità costante di circa 12 nodi, con pilota automatico inserito e con il bersaglio in rotta di collisione radar.
La petroliera sperona il peschereccio, probabilmente trascinandolo con sé per almeno 30 secondi. Si sentono quattro tonfi dall’analisi del sistema audio. Il ‘Nuova Iside’ scompare dal radar per riapparire a poppa della petroliera, questa volta sul lato sinistro. Poi si perde la traccia radar del peschereccio. Il ‘Nuova Iside’ è affondato.
“Nulla è stato fatto per accertare cosa fosse successo – scrive il gip – nessun segnale di allarme è stato inviato, la petroliera ha proseguito la propria rotta”.
“La situazione di potenziale collisione – aggiunge il gip – è inequivocabile, ma non risulta che sia stata adottata alcuna contromisura dal personale di bordo della petroliera tra le 23:02 e le 23:04 periodo in cui entrambe le imbarcazioni si trovano a una distanza estremamente ravvicinata fra loro”
Non c’è alcuna comunicazione radio, né azionamento di avviso sonoro radar e neppure un allarme per attivare il soccorso in mare. Il comandante e gli ufficiali non parlano. Solo silenzio e in sottofondo della musica. L’allarme radar non si accende, anche se bisogna ancora accertare se per omessa manutenzione dei sistemi oppure per scelta.
Alle 23:04 i microfoni all’interno della plancia registrano un rumore compatibile con l’apertura o chiusura di una porta. C’è una una variazione di visualizzazione radar, da modalità diurna, come era impostata fino a quel momento, a notturna. È questa l’unica operazione eseguita sulla consolle dal personale di guardia, sin dalla apparizione del bersaglio avvenuta 24 minuti prima.
Dopo circa 2-3 giorni dall’impatto il comandante, dicono gli investigatori, ordina al nostromo di far riprendere il colore blu del fuoribordo. Della tinteggiatura c’è traccia nelle e mail e nelle intercettazione di alcuni membri dell’equipaggio della petroliera. Gli uomini del Ris hanno analizzato i punti di impatto e le vernici. C’è piena compatibilità fra la Vulcanello e il Nuova Iside.
Infine ci sono pure le intercettazioni di alcuni membri dell’equipaggio della petroliera. Ecco le frasi. “Parlando con il comandante fuori in macchina ci siamo messi a parlare in macchina così… non c’erano registrazioni, non c’era niente gli ho detto tu hai sbagliato che permetti tutt’ora che gli ufficiali che si portano il telefonino sopra il ponte, ufficiali e marinai”; “il comandante stesso va a mettere la musica pure in plancia la musica in plancia… devono anche metterlo in conto e lui pure non è che da un buon esempio pure il comandante”; “Quell’altra minchiata e lui ci ha fatto pitturare la nave lasciamo perdere va, pure il comandante…”.
Un elettricista infine racconta che gli è stato richiesto informalmente proprio dal comandante di procedere alla riparazione di un’avaria al timone. Circostanza che impedirebbe la virata.
“È ovvio che il tentativo di provvedere in maniera informale se non addirittura celatamente alla riparazione – conclude il gip – in un periodo in cui la petroliera era sottoposto al vincolo del sequestro probatorio corrobora ancora di più il quadro delineato, consegnando non solo l’immagine di indagati pronti a mutare più volte lo stato dei luoghi pur di eludere le indagini, ma anche una gestione approssimativa e superficiale l’imbarcazione e del corretto funzionamento dei suoi apparati”.