"Uccise la moglie e bruciò il corpo"| "Fu provocato, sconto di pena" - Live Sicilia

“Uccise la moglie e bruciò il corpo”| “Fu provocato, sconto di pena”

Concetta Conigliaro

Le richieste del pg al processo d'appello per il delitto di Concetta Conigliaro.

PALERMO – Al presunto assassino va concessa l’attenuante della provocazione e dunque uno sconto di pena. Salvatore Maniscalco è sotto processo per l’omicidio della moglie Concetta Conigliaro.

Il sostituto procuratore generale Giuseppe Fici chiede alla Corte d’appello di ridurre la condanna inflitta in primo grado da 20 a 16 anni. Fici, pur rimarcando la massima vicinanza ai parenti della vittima, uccisa e poi bruciata a San Giuseppe Jato, ha spiegato che il dato processuale è che la vittima avrebbe avuto l’abitudine di alzare le mani al marito. Circostanza che non giustifica certo il delitto, ma valutata in chiave della concessione dell’attenuante della provocazione. Il pg propone anche l’assoluzione per Vincenzo Caltagirone condannato a 3 anni in primo grado che assieme al figlio Antonino (per lui è stata chiesta la conferma della pena a 4 anni e otto mesi) risponde dell’occultamento di cadavere.

Il marito ha fornito più di una versione dei fatti. Si è autoaccusato, salvo poi fare marcia indietro nel corso di interrogatori pieni di contraddizioni. Poi disse che Concetta è morta cadendo accidentalmente al termine dell’ultimo dei litigi che scandivano un rapporto di coppia ormai naufragato. Quindi si sarebbe disfatto del corpo. L’ha bruciata gli aveva chiesto il giudice? “Sì”. E la benzina? “L’ho comprata prima, io lavoro in campagna e mi serviva per lavorare… davanti a Dio nessuno mi ha aiutato”. Ha utilizzato un bidone? “Sì”. E le ha dato fuoco? ”Sì, me sono andato, perché avevo la coscienza sporca”. Com’era vestita? “Jeans, giubbotto rosso”. E le ha tolto il giubbotto prima di bruciarla? ”No”.

Fu lo stesso Maniscalco a condurre i carabinieri, coordinati dai pubblici ministeri Gianluca De Leo e Ilaria De Somma, sul luogo del macabro ritrovamento, in contrada Giambascio, lungo la strada che da San Cipirello conduce a Partinico. Lì si trova il magazzino di proprietà dei Caltagirone. Le indagini sul loro conto sono partite proprio dal fusto. In corrispondenza alla scomparsa della ragazza, i Caltagirone sono stati visti mentre aiutavano Maniscalco a sgomberare la casa di via Crispi, a San Giuseppe Jato. In particolare, avevano lanciato dal balcone di casa, privo di ringhiera, un fusto in ferro utilizzato per impastare la calce per poi caricarlo sul camion, individuato nei pressi del magazzino.

La parola passa ai difensori, gli avvocati Salvatore Ferrante, Enrico Bennici e Giuseppe Pinella. Poi, la sentenza.


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