PALERMO – Il corpo della povera Maria Angela Corona non sarà ricomposto. A distanza di quattro giorno dal ritrovamento in un terreno scosceso al confine fra Casteldaccia e Bagheria le ricerche dei vigili del fuoco si sono fermate. Sembra allontanarsi definitivamente l’ipotesi che il cadavere sia stato fatto a pezzi e poi gettato, piuttosto trova conferme la ricostruzione, sempre privilegiata, che sia stato dilaniato da cani randagi e animali selvatici.
Sul fronte investigativo, le indagini dei carabinieri della compagnia di Bagheria, guidati dal capitano Federico Lori, coordinati dal pubblico ministero Daniele Di Maggio di Termini Imerese, si concentrano sempre sulla lite familiare culminata nel più tragico degli epiloghi.
I militari stanno analizzando gli spostamenti di alcune persone, incrociando i dati delle celle telefoniche con il racconto reso dai parenti. A cominciare da quello della nipote della vittima ricoverata nel reparto “Grandi ustionati” dell’ospedale Civico. Secondo alcune testimonianze, sarebbe stata Maria Angela Corona a versarle dell’acqua bollente addosso qualche giorno prima di essere uccisa.
La ragazza avrebbe detto, invece, che le ustioni sono state provocate dall’incendio della sua macchina. In effetti l’auto, una Citroen, è stata trovata distrutta dalle fiamme vicino al cimitero di Bagheria. Dagli accertamenti emerge, però, un particolare importante: il rogo non è dovuto ad un corto circuito, ma è di origine dolosa.