Una cerchia di sei sospettati di cui uno ha fornito delle dichiarazioni che scricchiolano. Si stringe il cerchio attorno all’assassino di Antonietta Giarrusso, la donna massacrata nel suo negozio di parrucche a Palermo.
Le indagini si concentrano su alcuni parenti, sul barbone fermato poche ore dopo il delitto per essere sottoposto ad un trattamento sanitario, e ora pure sulla posizione di un vicino. Uno che frequentava la zona di via Dante e conosceva bene la vittima. Su di lui di più non trapela. Trapela, però, un particolare definito significativo. L’uomo ha raccontato di essere transitato nella strada dove si è consumato il delitto in un orario diverso da quello che emergerebbe da alcune videoriprese. Si è confuso ed è in buona fede oppure ha mentito?
Intanto gli investigatori della sezione omicidi della Squadra mobile di Palermo diretti da Carmine Mosca e i magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia continuano a scandagliare il passato e il presente della donna colpita venti volte con un coltello e un paio di forbici che le sono state conficcate nella gola. Viene fuori che la Giarrusso aveva richiesto prestiti per una cifra consistente. Circa quaranta mila euro. A cosa le servisse il denaro è presto per dirlo. Forse un momento di difficoltà legato alla crisi economica che attanaglia decine di commercianti della città.
E c’è pure la conferma che nel negozio ci sono tracce di sangue diverso da quello della vittima. La polizia scientifica ha isolato campioni ematici trovati in una tenda e nel bagno del retrobottega. La donna si è difesa, forse ha ferito l’assassino con le forbici che lo stesso ha usato per infierire su di lei.