Omicidio Pandolfo, la confessione: | "Ho sbagliato, datemi una chance" - Live Sicilia

Omicidio Pandolfo, la confessione: | “Ho sbagliato, datemi una chance”

Il 26 aprile 2013 Massimo Pandolfo veniva assassinato tra le sterpaglie del Teatro del Sole, ad Acqua dei Corsari. Uno dei quattro palermitani fermati, all'epoca 17enne, dopo mesi di silenzio, confessa di avere partecipato al barbaro delitto.

PALERMO - LE INDAGINI
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PALERMO – Confessa e chiede una seconda chance per correggere la traiettoria di una vita deragliata. Anche dalla sua mano sono partite le coltellate che hanno ammazzato Massimo Pandolfo. Un anno e mezzo dopo il delitto di Acqua dei Corsari, a sei mesi di distanza dal suo arresto, M.S., 17 anni all’epoca dell’omicidio, ammette le proprie responsabilità davanti al giudice del Tribunale per i minorenni che lo sta processando.

“Mi sono liberato di un peso – racconta -. Mi sono rovinato da solo”. Spera di avere una seconda possibilità in futuro, “di cambiare vita, quando avrò pagato per quello che ho fatto”. Gli assistenti sociali hanno ravvisato in lui la volontà di rivalutare in senso critico un passato di degrado e miseria culminato in uno dei più cruenti omicidi consumati a Palermo negli ultimi anni.

Il 26 aprile 2013 quaranta coltellate raggiunsero Massimo Pandolfo tra le sterpaglie del Teatro del Sole, ad Acqua dei Corsari. Gli assassini infierirono sul suo volto a colpi di pietra. In carcere, su richiesta dei pubblici ministeri Maurizio Scalia e Calogero Ferrara, finirono per primi Giuseppe Pollicino, 19 anni, e Giuseppe Managò, di 36. Era stato proprio Pollicino, messo sotto torchio dai carabinieri del Reparto territoriale del Comando provinciale di Palermo, a confessare tirare in ballo pesantemente il minorenne. Aveva raccontato di avere conosciuto Pandolfo, di essere stato da lui minacciato, violentato e costretto a prostituirsi in cambio di un pacchetto di sigarette o una manciata di euro. Fin quando, spinto dalla disperazione, avrebbe chiesto aiuto.

Una tesi ora confermata dal minorenne. “Il mio cervello è andato in tilt”, racconta al giudice per i minorenni anche se ritiene accidentale la prima coltellata partita dalla sua mano. Non sapeva neppure che Pollicino fosse armato. E tentò pure di fermarlo. Nelle fasi di concitazione, però, la lama del coltello, impugnato da entrambi, sarebbe affondato sul corpo di Pandolfo. Nessuna premeditazione. Volevano dare una lezione alla vittima, racconta il neo reo confesso, ma la situazione è degenerata anche e soprattutto perché “avevamo bevuto e fumato”.

Era stato proprio il minorenne a mettere nei guai gli altri indagati. Fu lui a chiamare i carabinieri dicendo di sapere chi avesse ucciso Pandolfo. E fece il nome di Pollicino spinto dal risentimento nei suoi confronti. Ai carabinieri che lo individuarono estrapolando le immagini della telecamera di un negozio che inquadrava la cabina telefonica, disse di averlo voluto punire perché era stato da lui abbandonato nel corso di una rapina. Il minorenne, però, aveva sempre negato di avere partecipato al delitto. Oggi le cose sono cambiate. Il giovane, assistito dall’avvocato Cristina Marasà, ha intrapreso un percorso di revisione critica del proprio passato. Ha confessato perché vuole cambiare vita. Nel corso della sua deposizione ha pure aperto uno squarcio investigativo. Ha escluso, infatti, che al delitto abbia partecipato il quarto degli indagati, anche lui minorenne.

 


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