CATANIA. “Voleva ucciderlo. Si è fermato solo dopo avergli scaricato l’arma addosso”. Non ha dubbi il pubblico ministero Raffaella Vinciguerra che, al termine della requisitoria, ha chiesto al gup Alessandro Ricciardolo una condanna a 18 anni di reclusione per Isidoro Garozzo, alla sbarra per l’omicidio di Vincenzo Patanè, l’ex amante della figlia. La vittima, nel maggio dello scorso anno, venne raggiunto da cinque colpi di pistola calibro 6,35 lungo la strada che dalla frazione giarrese di San Giovanni Montebello conduce a Sant’Alfio. Inutile la corsa in eliambulanza verso l’ospedale Cannizzaro. Il 48enne morì poco dopo essere giunto in ospedale.
Presenti in aula l’imputato, difeso dagli avvocati Giuseppe e Francesco Trombetta, e i parenti della vittima, assistiti dai legali Lucia Spicuzza e Salvo Sorbello, costituitisi parte civile. Nel corso della breve discussione il pm ricostruisce l’humus in cui matura l’omicidio. Patanè non avrebbe accettato di buon grado la conclusione della relazione con la figlia di Garozzo ed avrebbe iniziato a perseguitarla. Ma l’omicida avrebbe comunque avuto la possibilità di scegliere se rivolgersi o meno alle forze dell’ordine. Il giorno dell’omicidio, invece, dopo aver subito l’ennesima minaccia telefonica dall’uomo, Isidoro Garozzo prende la propria pistola, detenuta legalmente, e decide di affrontare Vincenzo Patanè in pieno stile “far west”, così lo definisce il pubblico ministero.
Per l’accusa nessuna attenuante generica può essere quindi concessa all’imputato. Quest’ultimo, sempre secondo l’accusa, avrebbe anche fornito agli inquirenti una ricostruzione non veritiera, poiché in contrasto con i rilievi della scientifica. Nel corso dell’interrogatorio Garozzo ha raccontato di aver indietreggiato e contemporaneamente sparato, dopo aver visto scendere Patanè dall’auto, temendo che l’uomo fosse armato. Ma dalla scena del crimine si evincerebbe che il 65enne, invece, sarebbe andato incontro alla vittima, sparando anche quando l’uomo, completamente disarmato, avrebbe tentato la fuga. Già il secondo proiettile, infatti, lo avrebbe colpito alle spalle. “Garozzo smette di sparare – dice in aula Raffaella Vinciguerra – solo quando non ha più proiettili”. Nella prossima udienza, fissata per l’1 giugno, previste le arringhe di parte civile e della difesa.