CATANIA – Omicidio a Paternò: resta in carcere Issam Lahmidi, 36enne marocchino accusato dell’omicidio di un connazionale di 26 anni che lavorava per lui come bracciante agricolo.
La convalida dell’arresto
A convalidare l’arresto e disporre la misura cautelare, si apprende da fonti di agenzia, è stato il gip di Milano Alberto Carboni, che ha anche ordinato che gli atti vengano trasferiti alla procura catanese per competenza territoriale.
L’indagato, infatti, è stato fermato a Milano martedì scorso in stazione Centrale, e non alla stazione Garibaldi come indicato in un primo momento. L’indagato, ricostruisce la Procura di Catania, è stato fermato al binario 20 mentre attendeva di prendere, da lì a 10 minuti, un treno diretto a Ventimiglia, col chiaro l’intento di lasciare l’Italia per recarsi in Francia. Alla vista dei Carabinieri avrebbe inutilmente cercato di nascondersi tra la folla, ma poi ammettendo di essere il ricercato non appena è stato bloccato. Il 36enne indossava ancora gli stessi vestiti che portava durante l’omicidio. All’interrogatorio di garanzia davanti al gip Lahmidi non si è presentato, rifiutandosi di uscire dalla sua cella al San Vittore.
L’omicidio a Paternò
A quanto ricostruito da investigatori e inquirenti catanesi, l’omicidio è avvenuto lo scorso 4 febbraio, in seguito a una discussione legata a una richiesta di denaro da parte della vittima per il lavoro svolto. Quest’ultima, infatti, aveva raccontato ad alcuni amici di avere “problemi di lavoro perché il suo capo non lo pagava”.
Lahmidi avrebbe ucciso il giovane con due coltellate all’addome, dopo averlo raggiunto a bordo di un motorino prestato da un amico. Il presunto responsabile del delitto è stato identificato anche grazie alla visione delle telecamere di sorveglianza e ai suoi profili social. Come osserva il gip nell’ordinanza di convalida del fermo, “le modalità” dell’omicidio “rivelano totale disprezzo per la vita umana”.
Cgil: “Lo sfruttamento è morte annunciata”
Dall’omicidio di Paternò prende spunto una nota di Flai Cgil in cui il sindacato chiede un tavolo di confronto in Prefettura “per mettere fine al degrado – si legge nel comunicato – della baraccopoli di Paternò e ridare dignità ai lavoratori, preda di caporali senza scrupoli”.
“Bisogna rafforzare la lotta al caporalato perché lo sfruttamento è morte annunciata – spiegano il segretario generale della Cgil di Catania, Carmelo De Caudo, e il segretario generale della Flai catanese Giuseppe Glorioso – sui fatti di Paternò ci rimettiamo con fiducia al minuzioso lavoro degli inquirenti e della magistratura affinché si possa fare chiarezza e giustizia. Se fosse confermato un collegamento con il lavoro in campagna inquinato dall’illegalità, significherebbe fare i conti con l’ennesima tragedia di chi viene ucciso per aver recriminato i propri diritti”.
“Al dolore – sottolineano i segretari De Caudo e Glorioso – si aggiunge la rabbia per un’escalation di violenza che, in particolar modo, colpisce lavoratori stranieri che si trovano in condizioni di disagio e di fragilità, come quelle che si vivono nella baraccopoli di Ciappe Bianche a Paternò”.
“Quella baraccopoli rappresenta uno sfregio per una società che si definisce civile – evidenziano De Caudo e Glorioso – bisogna mettere fine a questa indecenza attraverso un piano di riconversione dell’area, attingendo pure alle risorse comunitarie per la realizzazione di moduli abitativi in grado di affermare sicurezza, igiene e dignità a donne e uomini, soprattutto di nazionalità straniera, che sperimentano sulla loro pelle forme di schiavitù nei campi e spregevoli forme di ghettizzazione. Per quanto ci riguarda, con i livelli nazionali e regionali della Flai ci riserviamo di chiamare a raccolta i lavoratori per una vertenza diffusa contro sfruttamento e caporalato”.