PALERMO, 24 GEN – Torna in un’inchiesta di Report, in onda stasera su Rai 3, la pista nera, che sembrava accantonata, nell’uccisione di Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana e fratello del capo dello Stato uscente. Affiora dai documenti d’archivio l’ombra della P2. L’inchiesta ha subito ipotizzato il coinvolgimento come esecutori materiali di Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini nell’agguato del 6 gennaio 1980.
Ne era convinto Giovanni Falcone, che ne parlò anche in un’audizione davanti alla Commissione antimafia. Ma Fioravanti e Cavallini furono assolti dalla corte d’asside di Palermo malgrado la moglie di Mattarella, Irma Chiazzese, avesse riconosciuto in Fioravanti il killer dagli “occhi di ghiaccio” che aprì il fuoco contro il presidente della Regione. Di recente la Procura di Palermo ha riaperto l’inchiesta ma l’ha dovuta di nuovo archiviare quando si è rivelato impossibile fare un esame comparativo tra i proiettili che uccisero Mario Amato e quelli, ormai logorati dal tempo, che eliminarono Mattarella. Non è stato così possibile dimostrare un eventuale collegamento tra i due delitti attribuiti allo stesso gruppo eversivo. La pista nera, che ha sempre delineato un “patto” tra la mafia e la destra neofascista, è stata però rivalutata dalla corte d’assise di Bologna che ha condannato Cavallini per la strage della stazione. E viene accreditata ora da Roberto Scarpinato, fino a pochi giorni fa procuratore generale a Palermo, intervistato da Report.
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“La mafia – dice Scarpinato – ci metteva qualcosa di suo, la causale mafiosa, che era la perfetta copertura per occultare la causale politica sottostante”. Scarpinato riprende anche il contenuto di un verbale, ritrovato da Report, nel quale un esponente della destra neofascista, Stefano Alberto Volo, parla dell’uccisione di un altro militante, Francesco Mangiameli, ad opera della stessa organizzazione che lo accusava di essersi appropriato di fondi della cassa. Volo parla di riunioni preparatorie per il delitto Mattarella e aggiunge altri fatti che allargano l’orizzonte del progetto criminale. “A un certo punto – ricorda Scarpinato – Alberto Volo dice che Mangiameli gli confidò che l’omicidio Mattarella era stato deciso dai vertici della massoneria e in particolare da Gelli. Quindi – sottolinea ancora Scarpinato – rivela un fatto che apre scenari molto inquietanti: quelli che poi spiegano l’interesse di Falcone su Gelli e la necessità di approfondire il suo ruolo. E poi Gelli ce lo ritroviamo anche nelle stragi del ’92 e del ’93”.