Orestiadi, il programma | dell'edizione 2011 - Live Sicilia

Orestiadi, il programma | dell’edizione 2011

1982 / 2011. Ha trent’anni di vita il festival delle Orestiadi di Gibellina, un lungo percorso che ha visto centinaia di artisti italiani e stranieri vivere questi luoghi come i territori di un’isola felice in cui è stato possibile creare, produrre, esibirsi, confrontarsi. Registi, attori, scenografi, costumisti, coreografi, musicisti, compositori, poeti, uomini di cultura che con le loro opere hanno reso ricca la memoria di un festival che ha voluto fin dal primo anno della sua fondazione accogliere alcune tra le espressioni più alte del teatro contemporaneo. E’ un elenco lunghissimo di uomini e donne protagonisti di un progetto culturale non solo teatrale, innovativo nel linguaggio, capace di rendere complessa l’esperienza creativa della scena.
Se è vero – come dice Borges – che il lavoro creativo è sospeso tra la memoria e l’oblio, esso ha per l’uomo la natura di un’indagine inarrestabile, e nonostante le perdite, gli occultamenti e le rimozioni, la memoria rimane un campo sul quale agire instancabilmente.
Questa edizione intende porre al centro di questa indagine l’Uomo e la sua memoria – filo rosso conduttore di una linea che ha determinato le scelte – nei suoi aspetti dell’esistenza in relazione al ricordo, evocata dai processi legati alla memoria come nel caso di Artista da Giovane di MelaCult e Officineouragan, dal Dedalus di Joyce, un titolo in cui si specifica già l’epoca degli accadimenti, una infanzia sottoposta a rigorosi modelli educativi. Esplorazione presente nel lavoro Lev dei Muta Imago, sviluppatosi intorno alla figura del soldato russo Lev Zasetsky che, in seguito a una ferita, perde la capacità di ricordare e dallo studio del suo diario, un vero documento del tempo perduto, e che racconta una vita intera spesa a lottare contro una malattia senza possibilità di recupero. E ne La rabbia rossa, in cui si vive e ci si muove cercando di ricordare attraverso gesti in qualche modo vicini e familiari.
Sull’Uomo ancora oggetto di lavoro e di elaborazione, con The End, dei Babilonia Teatri, e sulla rimozione della morte e della sua elaborazione collettiva, come assenza di pensiero o forse vera e propria dimenticanza, s’incide forse la più importante rimozione compiuta dall’Uomo su se stesso, nell’illusione che vivere sia essenzialmente negare la morte.
Una rimozione che si compie nel viaggio anonimo raccontato dal teatro fisico degli MK in Speak Spanish, in cui è la perdita della lingua d’origine a evocare una sorta di sonoro stordimento, familiare a chi si lancia nel parlare una lingua straniera per un tempo considerevole.
Ed è memoria anche il ricordo di un tempo che ha preceduto le vicende umane di solitudine, insicurezza e violenza sperimentate della trasposizione visionaria de La stanza del Teatrino Giullare, da Pinter, universo carico di una distanza insopportabile dal presente, per di più reso enigmatico dall’isolamento originato dalla frattura con il passato.
Il legame con il passato cessa anche in 7-14-21-28 del duo Rezza Mastrella, e improvvisamente trasformando la vita in un ideogramma, scritto con oggetti familiari all’infanzia dell’Uomo, che adesso affianca un inconsapevole eterno bambino costretto a cedere a una realtà biologica e numerica. Il Teatro Rebis, presenta il suo ultimo lavoro Io non so cominciare, su Danilo Dolci forse la figura più dimenticata e rimossa della cultura Italiana che proprio nel territorio a noi vicino ha condotto le sue battaglie per lo sviluppo di una coscienza sociale collettiva ma anche individuale.
Una esplorazione di un luogo della memoria avvolto dall’oblio, per dirla ancora con le parole di Borges.
Memoria e metodo mitico, con Miriam Palma in una composizione musicale ispirata al mito di Ifigenia scritto da Lina Prosa e La casa dei santi, con un percorso poetico video e musicale sul maggiore poeta arabo dell’XI secolo Ibn Hamdis, per ricordare la fondamentale centralità della cultura mediterranea e per salvare dall’oblio il legame tra la cultura occidentale e quella orientale, ancora vivo e forte in Sicilia, giardino tra due civiltà.

Claudio Collova


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