Ospedali bocciati e allarme ictus in Sicilia: "La mortalità è troppo alta" - Live Sicilia

Ospedali bocciati e allarme ictus in Sicilia: “La mortalità è troppo alta”

L'analisi, durissima, dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari

PALERMO – Infarti, ictus, ricoveri e attese nei pronto soccorso: nell’Italia a due velocità, Nord – Sud, la Sicilia arranca. E proprio nei settori più delicati della sanità, quelli in cui un istante può essere significativo per salvare una vita, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari “Agenas” emette una motivata bocciatura. Ecco perché.

La rete del cuore

Gli infarti trattati con un’angioplastica entro 90 minuti dal ricovero sono “da migliorare su tutta la rete, e la mortalità a 30 giorni – scrive l’Agenas -. In particolare le aree di Catania e Messina e Palermo decisamente negative, mentre Agrigento e Ragusa e Trapani bene”. Molto male Catania, “per la mortalità a 30 giorni per infarto l’area di Catania rispecchia i ritardi dei pazienti trattati entro 90 minuti. Troppo alta la mortalità a 30 giorni, con un picco di 6,5% per le aree di Catania e Messina. 1⁄4 dei pazienti sono identificati per alto rischio ischemico residuo, ed è accettabile la % di invio a programma riabilitativo”. La rete del cuore “soffre in quelle zone più interne e meno servite”. La provincia di Trento è in testa alla classifica per gli infarti trattati con angioplastica entro i 90 minuti dal ricovero, con un tasso del 62,35%. Le percentuali peggiori si registrano in Basilicata (34,48%), Liguria (39,41%) e Sicilia (42,82%).

La rete dell’ictus

Durissima l’Agenas. “La mortalità a trenta giorni è ancora troppo alta, indice di procedure non eseguite. La centralizzazione della trombolisi è inefficace, da rivedere il disegno di rete”. L’agenzia analizza le province con maggiori criticità: “A Messina è bassa la trombolisi e alta la trombectomia”. In pratica nella rete di gestione dell’Ictus sarebbe sbilanciata la centralizzazione della “tromboectomia a svantaggio della trombolisi”. L’agenas consiglia di rivedere il sistema “aumentando gli hub e potenziando la trombolisi”. In caso di emorragia subaracnoidea, cioè quando c’è sangue nello spazio tra il cervello e il suo rivestimento esterno, gli ospedali sicilliani sono “nei tempi ad eccezione dell’area di Catania”. L’Agenzia invita a riprogrammare la rete “evitando lo sbilanciamento tra procedure, inoltre si vede una notevole difformità nell’invio al percorso riabilitativo”.

L’emergenza-urgenza e i pronto soccorso

Nel 2022, in Sicilia ci sono stati più accessi in ospedale del 2019, anno pre-pandemia: un dato in controtendenza rispetto al resto d’Italia. Nella rete dell’emergenza-urgenza sono entrati 1.361.119 siciliani: 62.322 in codice bianco, 819.573 in codice verde, 440.217 in codice giallo e 39.007 in codice rosso. La Sicilia ha una delle più alte percentuali di abbandono dei pronto soccorso, che arriva a sfiorare il 13%: praticamente il doppio della media nazionale. In Valle d’Aosta, per esempio, la percentuale è dello 0%, in Basilicata dell’1,30% e in Veneto dell’1,65%. Il rischio è che moltissimi si rechino in ospedale senza una effettiva gravità, contribuendo all’intasamento dei pronto soccorso: si tratterebbe di un problema che riguarda tutto il sistema sanitario, a partire dal ruolo dei medici di famiglia.

Il commento

Quali sono le ragioni del divario di performance tra le Regioni? Molto pesa, ha spiegato Francesco Saverio Mennini, capo Dipartimento Programmazione del ministero della Salute, “la mancanza dal 2006 di un Piano sanitario nazionale; in assenza di un tale piano è difficile programmare in maniera corretta in ambito sanitario anche ai fini dell’implementazione delle Reti tempo-dipendenti”. Poi c’è la realtà siciliana: un caso a parte.


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