PALERMO – L’Ance l’aveva salutata come la riforma che aveva fatto ritrovare “l’unità” alla classe politica e pochi giorni fa erano arrivate anche le rassicurazioni dell’assessore regionale alle Infrastrutture, Giovanni Pizzo: “La legge sugli appalti non verrà impugnata dal Consiglio dei ministri”, aveva detto. Qualcosa, però, non deve essere andato per il verso giusto se il governo ha impugnato la legge varata a luglio dall’Assemblea regionale. Una impugnativa che secondo Palazzo Chigi riguarda il piano “strettamente tecnico” delle nuove norme sui lavori pubblici che sarebbero in contrasto con i principi contenuti nell’articolo 117 della Costituzione, che assegna allo Stato la competenza legislativa in materia di tutela della concorrenza.
Crocetta pochi giorni fa si era impegnato ad apportare alcune modifiche alla legge ma Roma, “pur prendendo atto” dell’impegno assunto da Palazzo d’Orleans, ha tirato dritto verso l’impugnativa. Il Consiglio dei ministri, tuttavia, ha deciso di tendere la mano al governo regionale e di aprire un “tavolo di confronto istituzionale” con la Regione “per procedere all’individuazione di possibili soluzioni concordate in merito alla questione”.
La legge dovrà tornare dunque nel tormentato cantiere di Palazzo dei Normanni per evitare il responso della Corte costituzionale, dove il rientro dalle vacanze estive è stato caratterizzato dai banchi semivuoti di Sala d’Ercole e da interpellanze affrontate davanti a sparuti gruppi di deputati. Lì si cercherà di approntare le modifiche dettate da Roma, che dovrebbero riguardare le medie da applicare agli appalti che non si dovranno discostare da quelle nazionali. Il disco verde dell’Ars era scattato nei primi giorni di luglio, con 46 voti a favore, un contrario e un astenuto. Dal punto di vista tecnico si è trattato di un disegno di legge di modifica al sistema degli appalti pubblici in Sicilia. La legge ha cambiato i criteri di assegnazione degli appalti pubblici in Sicilia. Su questo punto qualche voce dal Pd aveva sottolineato il rischio di incostituzionalità, dal momento che si erano introdotte regole diverse rispetto al codice nazionale degli appalti. Prima del voto della norma, sostenuta dalle opposizioni, Sala d’Ercole aveva respinto con voto quasi unanime la pregiudiziale di costituzionalità presentata dal presidente della prima commissione Affari istituzionali, Antonello Cracolici.
“Apprezziamo l’inusuale concessione di un momento di confronto ulteriore e il fattivo spirito di collaborazione nel trovare una soluzione che renda compatibili le norme nel rispetto delle autonome potestà legislative”, afferma Pizzo. “Purtuttavi sottolineiamo l’urgenza improcrastinabile di dare una concreta risposta all’asfissia economica di un settore che l’anno scorso ha lasciato sul terreno oltre diecimila occupati e che anche ai sensi delle relazioni antimafia e delle informative del ministero degli Interni rimane un settore ad alto tasso di inquinamento da parte dei cartelli imprenditoriali mafiosi che soffocano la concorrenza degli imprenditori onesti sfruttando i ribassi anomali e condizionando l’intero sistema. Riteniamo – ha concluso Pizzo – che da un confronto leale ed aperto sulle possibili soluzioni faremo il bene della Sicilia e dello Stato Italiano”.