Carcere Pagliarelli, poliziotti aggrediti: "Non siamo carne da macello" - Live Sicilia

Carcere Pagliarelli, poliziotti aggrediti: “Non siamo carne da macello”

“Così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano“
PALERMO
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PALERMO – “Nel carcere di Pagliarelli a Palermo è successo davvero di tutto nelle ultime ore”, denuncia il sindacato autonomo polizia penitenziaria SAPPE, per voce del segretario nazionale per la Sicilia Calogero Navarra. “Questa mattina, in due distinte aggressioni, alcuni detenuti si sono scagliati contro il personale di polizia, ferendo quattro agenti. Così non si può più andare avanti… Non siamo carne da macello e non possiamo pagare l’indifferenza dell’Amministrazione penitenziaria verso i gravi problemi del carcere Pagliarelli di Palermo”.

Impietoso il giudizio di Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria SAPPE: “Così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano. Ogni giorno succede qualcosa di grave: le carceri italiane sono un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria. Solamente l’intervento del personale di polizia penitenziaria è riuscito a riportare la calma a Pagliarelli. Ovviamente tutto ciò si è potuto verificare grazie allo scellerato regime ‘aperto’ e solamente la prontezza e professionalità del personale intervenuto ha evitato un epilogo ben più drammatico”. 

“Si adottino con urgenza provvedimenti necessari per salvaguardare la sicurezza del carcere di Pagliarelli a Palermo e della Sicilia. Gli agenti di polizia penitenziaria devono andare al lavoro con la garanzia di non essere insultati, offesi o – peggio da una parte di popolazione detenuta che non ha alcun ritegno ad alterare in ogni modo la sicurezza e l’ordine interno. Non dimentichiamo che contiamo ogni giorno gravi eventi critici, episodi che vengono incomprensibilmente sottovalutati dall’amministrazione penitenziaria”.


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