PALERMO – Sono passati tre anni da quando “sorella sanità” ha preso carta e penna per scrivere una lunga lettera piena di fatti e nomi sulle gestione illecita degli appalti e la lottizzazione politica delle nomine nei posti dirigenziali. Il processo è giunto all’appello, che si è chiuso nei giorni scorsi con le condanne, ma non si è smesso di indagare sottotraccia.
Sanità, sistema per le nomine
Gli spunti li ha offerti Fabio Damiani, soprannominato “sorella sanità”, nella missiva di 18 pagine datata 8 agosto 2020 e girata alla Procura di Palermo. Cinque mesi dopo essere stato rinchiuso nel carcere Pagliarelli, il manager della Centrale unica di committenza per gli appalti della Regione siciliana ammetteva di avere incassato tangenti e aggiungeva di volere spiegare il “sistema in uso nelle nomine dei direttori generali delle Asp, dei direttori sanitari e amministrativi“. Damiani è stato convocato e interrogato. Nulla o quasi di quanto riferito ai pubblici ministeri è entrato a far parte del processo nel quale all’ex manager dell’Asp di Trapani è stata riconosciuta l’attenuante della collaborazione. Sono circostanze che hanno meritato un ulteriore approfondimento.
Il carabiniere e l’ingegnere
Damiani passava in rassegna le gare pilotate con le mazzette. Ed è ora che la lettera si popola di faccendieri, professionisti e politici che avrebbero trasformato la sanità pubblica in un terreno di caccia personale. Ecco spuntare la figura di un carabiniere “il quale avvicinandomi con una scusa legata al lavoro mi ha voluto presentare un tizio… . I due senza mezzi termini mi hanno chiesto apertamente di favorire la ditta… . In un momento successivo mi hanno confessato che il componente della commissione l’ingegnere… è asservito ai desiderata…”.
L’onorevole regionale
Parlava poi del presidente del collegio sindacale di un’Azienda sanitaria che “mi ha voluto presentare il titolare di… loro mi hanno chiesto esplicitamente di favorire la ditta”. E per “dare forza alla loro richiesta più di una volta mi fecero convocare” da un politico, un onorevole regionale, che mi “ha chiesto l’interessamento offrendo in cambio vantaggi”.
L’assessore
Nel suo racconto Damiani alzava il tiro quando, riferendosi a un’altra gara, parlava del “tentativo di turbativa da parte dell’assessore…. il quale il giorno dell’apertura delle offerte economiche veniva a trovarmi in ufficio con fare minaccioso per fare la seduta”.
Un’altra volta, era febbraio 2019, si recò con Francesco Zanzi, allora amministratore delegato della Tecnologie sanitarie spa (anche lui fra i condannati del processo), nella “segreteria dell’onorevole…”, e lì sentì parlare “dell’interessamento per la nomina” di un importante manager della sanità pubblica. Aggiungeva di possedere “una registrazione sul mio cellulare” con la voce di un altissimo rappresentante delle istituzioni regionali che “mi chiede di annullare l’appalto”. A “mia difesa intervenne l’onorevole…”.
Le pressioni del politico
Le pressioni sarebbero proseguite anche in epoca successiva, quando la giunta regionale cambiò colore passando dalla presidenza di Rosario Crocetta a quella di Nello Musumeci. Damiani ha riferito di un politico, uno fra i più noti del recentissimo passato, che gli consegnò il capitolato di un appalto “estrapolandolo dal suo computer”. Gli fece “pressioni” per fare vincere una ditta e “in cambio mi propose l’appoggio politico per la futura progressione di carriera“.
La missiva si concludeva con un invito ad essere convocato per “riferire fatti e circostanze al fine di chiarire alla giustizia il sistema malato” che sta dietro “alla lottizzazione politica delle nomine dei direttori generali, amministrativi e sanitari”. La lettera è stata girata alla Procura di Palermo. Nei giorni scorsi le condanne in appello, ma il capitolo non è chiuso perché Damiani fu davvero convocato dai pm.