La linea dell’angoscia si oltrepassa con quel taaaac (no, Renato Pozzetto non c’entra) seguito da una implacabile oscurità. In quel preciso momento, tu, piccolo homo (dis)connessus, cominci a pensare ai dinosauri e chissà come avranno fatto gli antenati a vivere senza il condizionatore. Eccolo servito il nostro blackout quotidiano, nostro nel senso di palermitani. Non c’è borgata, contrada o sottoscala i cui residenti non abbiano pronto l’elenco partorito da una solenne incacchiatura per il buio che va e viene.
Piomba il taaaac e non vivi più. I gelati, nelle gelaterie, si squagliano. I malcapitati negli ascensori si bloccano. Gli anziani che stanno ai piani medi o alti restano, di colpo, isolati. Gli asmatici non sanno a che santo votarsi. Quelli poco aggiornati se la prendono con il sindaco Orlando e con Giusto Catania. E vabbè che il sindaco, pure quello attuale, non c’entra, ma una parolina pesante la classe dirigente potrebbe squadernarla. Qualcuno dovrebbe dirlo che, no, così non va.
Perché il dato sconfortante è l’assenza di reazioni. La questione dello stacca e riattacca non è il discorso pubblico del momento. Viene derubricata alla categoria bagattelle e pinzillacchere. Non sfonda. Nessuno – a parte qualche sussulto minoritario – rivendica ipotetiche crociate con la necessaria risolutezza. Resta tutto appoggiato a uno scenario distante, a un contesto spugnoso che assorbe ogni scossa, a moti carbonari privatissimi che non superano la soglia delle abitazioni. Ed è il blackout di una città che non sa trovare la sua voce. Ed è un guaio siciliano che ha bisogno di rimedi strutturali e urgenti, non soltanto di volenterose rincorse. L’anno prossimo sarà ancora una ‘emergenza’?
Chi di dovere alza le mani. C’è caldo e, di conseguenza, si moltiplicano i condizionatori accesi. Però… Squadre di tecnici, nell’afa a quaranta gradi, letteralmente volano per tentare l’impossibile. Ma quel taaac non perdona. Anche con un certo senso di sadico umorismo. Succede che mentre scrivi di blackout, il blackout ti prende sul serio e fa il suo ingresso, per dimostrare al cronista che è più vicino di quanto non si tema. E tu, che ti accorgi del lampadone da campo scarico, che cerchi le torce, evitando le candele – oltre al nero, il fumo – che appesterebbero l’ambiente, ti prepari a una notte di sopravvivenza. Ieri, oggi, domani, con esatta sincronia.
E mentre ti accoccoli, come un condannato all’afa, e non apri le finestre, sperando che l’esile fiato del condizionatore spento resista, ti viene in mente che la prossima volta sarebbe meglio scrivere di quelli che vincono al Superenalotto. Hai visto mai. Infine, si manifesta un tooooc, acusticamente diverso. La luce è tornata. Fiat lux (faccia lui, traduceva un compagno di liceo pasticcione). Si festeggia con una porzione di gelato sottratta al freezer in procinto di rianimarsi. Ma tanto, domani, si ricomincia con il nostro blackout quotidiano. Ci sarà un altro bollettino drammatico. Taaaac! Però, stavolta non fa ridere. (rp)