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Palermo capitale del lavoro | “Ma il Jobs Act non basta”

La conferenza stampa

“In Sicilia il tasso di disoccupazione nel 2014 è aumentato e crescerà anche per il 2015. Il Jobs Act, come mostrano i numeri del report, sta solo stabilizzando parte dei già esistenti posti di lavoro".

La manifestazione
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PALERMO– Potrebbero essere oltre un milione e 150mila, complessivamente, i contratti agevolati che sorgeranno in Italia grazie agli effetti del Jobs Act. Questa la stima del report “Il lavoro nel 2015” elaborato dalla Fondazione studi dell’Ordine nazionale dei consulenti del lavoro, presentato stamane presso la Sala del Palco reale del Teatro Massimo di Palermo, durante la conferenza stampa di presentazione del “Festival del lavoro”, evento cui parteciperanno molti dei protagonisti del mondo del lavoro, compresi i ministri del Lavoro, Giuliano Poletti, e dell’Istruzione, Stefania Giannini, dal 25 al 27 giugno 2015.

“La scelta di Palermo per il Festival – ha spiegato Marina Calderone, presidente dell’Ordine nazionale dei consulenti del lavoro – è fondata sulla situazione storica in cui la Sicilia, frontiera d’Europa e terra in cui il tema del lavoro è da sempre ostico, deve oggi gestire il problema dell’integrazione, anche dal punto di vista lavorativo”.

Le stime del report prevedono che, grazie alle norme contenute nel Jobs Act, nel periodo marzo-dicembre di quest’anno saranno stipulati altri 569mila contratti agevolati (senza stabilizzazioni) e che, a fine 2015, potrebbero contarsi complessivamente 1.150.124 contratti agevolati (di cui l’87% stabilizzazioni ed appena il 13% nuove assunzioni). Il costo di esonero contributivo sarebbe pari a 4,74 miliardi, a fronte di uno stanziamento di 1,8 miliardi. Secondo questa stima, dunque, a fine anno si verrebbe a determinare una scopertura finanziaria di 2,94 miliardi.

“Il Jobs Act, per quanto possa essere una buona norma, non può creare da sola posti di lavoro”, ha affermato il presidente della Fondazione studi, Rosario De Luca. “Servono interventi infrastrutturali ed incentivi – ha aggiunto – perché non si può fare una riforma radicale del lavoro senza affrontare quelle che sono le reali esigenze di quel mondo. Forse le cattive regole hanno il potere di distruggere i posti di lavoro, ma di certo le buone regole non hanno il potere di crearne da sole. Gli ultimi quattro governi nazionali, succedutisi in appena poco più di due anni e mezzo, a colpi di decreti e provvedimenti hanno, finora invano, tentato di far ripartire le assunzioni, dimenticando troppo spesso che il lavoro non si crea per decreto, ma con nuove e concrete opportunità: riducendo la pressione fiscale e contributiva ed attraverso un serio percorso di semplificazione e sburocratizzazione. Le sole agevolazioni contributive, specie quelle di carattere parziale e congiunturale come l’esonero contributivo e non strutturali, come l’ormai tramontata legge 407/90, possono infatti non essere determinanti per incrementare l’occupazione. La legge 407/90 – ha concluso De Luca –, che garantiva uno sgravio a chi assumeva giovani disoccupati, dava almeno la possibilità di creare un percorso di sviluppo aziendale pluriennale, mentre le norme introdotte dal Jobs Act, che puntano sull’annualità, non garantiscono la creazione di piani di sviluppo pluriennali, facendo sì che nessun imprenditore investa, in mancanza di un piano di sviluppo a lungo termine”.

Anche Vincenzo Barbaro, presidente dell’Ordine provinciale di Palermo dei consulenti del lavoro, valuta come insufficienti i provvedimenti del governo Renzi in materia di lavoro. “In Sicilia – ha spiegato Barbaro – il tasso di disoccupazione nel 2014 è aumentato e crescerà anche per il 2015. Il Jobs Act, come mostrano i numeri del report, sta solo stabilizzando parte dei già esistenti posti di lavoro, senza intervenire significativamente sulla creazione di posti nuovi. Il beneficio dello sgravio contributivo, con un tasso di disoccupazione in crescita, da solo non aiuta: le condizioni di sviluppo le creano le infrastrutture e le misure di investimento, mentre gli sgravi da soli funzionano soltanto come una droga che falsa il mercato, perché prima elimina le aziende più deboli e poi, finiti i contributi, anche quelle che li hanno presi e che senza non sanno più sopravvivere”.

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