PALERMO – Un cellulare rubato nel 2016 e un processo che si chiude positivamente in appello per l’imputato sette anni dopo. In mezzo la condanna di primo grado, ora ribaltata, a un anno e quattro mesi di carcere inflitta a Fabio Mazzè dal Tribunale di Termini Imerese.
Il furto era avvenuto in un bar a Misilmeri, in provincia di Palermo. Un classico: il cliente dimentica il cellulare sul tavolino, torna a riprenderlo e non lo ritrova più. Iniziano le indagini. I carabinieri decidono di mappare il traffico telefonico accoppiato al codice identificativo del cellulare.

Si scopre che il telefonino ha fatto tappa in un centro di riparazione a Palermo e risulta in uso all’imputato. Che finisce così sotto processo per ricettazione. L’avvocato Luciano Maria Sarpi ha impugnato la sentenza di primo grado.
Non c’è prova che Mazzè fosse al corrente della provenienza illecita del cellulare. O almeno non è stato accertato. Senza l’accertamento sul dolo è caduta l’accusa di ricettazione con la formula per non aver commesso il fatto.

