Palermo, c'era un'economia | Adesso c'è un deserto - Live Sicilia

Palermo, c’era un’economia | Adesso c’è un deserto

La vita notturna a Palermo, le nuove regole, l'economia in città. La polemica è aperta e bella salata. Sotto a chi tocca.

Ormai è lecito pensare, senza sentirsi complottisti, che ci sia le precisa intenzione di boicottare qualsiasi forma di vita (intelligente) a Palermo.

L’idea di portare avanti l’ordinanza (definita ‘d’urgenza’) secondo la quale all’una di notte nel fine settimana e a mezzanotte le sere dei giorni feriali i locali notturni (e la città) debbano smettere di vivere non può che essere frutto, se non di una strategia, almeno di una scarsissima lungimiranza, senso del denaro, desiderio di crescita, prospettive di vita. Perché, sostanzialmente, proibire la vendita di bevande in lattina o vetro e imporre un massimo di 60 decibel è imporre al gestore, all’avventore e alla città, l’agonia di una morte certa. In questo modo, una città che come Palermo ha come unica valvola di sfogo, per quanto patetica sia rispetto ad altre, la vita sociale, la vita notturna, è destinata a diventare un deserto.

Questo è già un paese per vecchi. La pianificazione di attività culturali è una guerra persa in quanto chi è del settore sa bene che i fondi destinati alle associazioni o fondazioni sono pochi e finiscono sempre nelle stesse tasche. Il mare è ingabbiato. Le attività commerciali che hanno fatto la storia d’Italia, oltre che della città, non hanno avuto alcun tipo di tutela e un esempio su tutti sono i tavoli d’appoggio della libreria Flaccovio che adesso sono il bancone di un venditore di pane (abusivo, in nero, fuori legge, ma con la carretta piantata sul suolo pubblico) all’ingresso della Real Tenuta della Favorita. I locali notturni privi di licenza presenti ovunque, i rivenditori di alcool che allestiscono vodkerie nel salotto di casa in via Gagini, che sono poi il motivo, a quanto pare, della promozione della suddetta ordinanza, continueranno a distribuire alcoolici di quint’ordine senza alcun problema.

Quindi, ottima idea, mandiamo al fallimento quelle pochissime persone che sono riuscite a mantenere (pseudo)viva una città che è già con un piede nella fossa. Perché, e per favore, per favore, non prendiamoci in giro, la città è fallita. Le saracinesche abbassate delle attività commerciali superano in quantità (e in qualità) quelle aperte. Forse, è la ‘notte bianca’ evento riuscitissimo, quasi come Waterloo, la via verso lo scintillante futuro di cui parla il sindaco, con due classi della scuola elementare che, giustamente a stento, spiegano ai loro genitori la storia del Teatro Massimo. Che vita! Che prospettiva pazzesca.

La ‘febbre dell’abusivismo’ così è stata definita, non si insegna ai novenni con il cappellino e le matite colorate, o almeno, non solo a loro. La cialtroneria, l’abusivismo, l’illegalità del palermitano parassita e dell’altro palermitano, quello che non ha più come comprare il pane ai suoi figli, non si combatte togliendo l’aria a tutti gli altri, che già, comunque, ne hanno poca.

I pochissimi giovani ostinati che sono ancora qui, probabilmente perché non hanno capito cosa riserva loro la ripetizione della storia, saranno costretti a nutrire con il loro denaro l’illegale che vende birre per strada. E rideremo tutti, noi, voi, il venditore che taglia il pane sui tavoli di Flaccovio, perché chi sopravviverà a questo funerale alla texana saranno loro. Gli abusivi, gli ambulanti, i ladri. È vero che la crisi non è più solo economica, ma è una crisi di valori e di prospettive.

Il fallimento di una civiltà (o di un Comune) non si misura solo sulla base dei conti, anche se la settanta appatta, non è detto che si giochi bene. E questo è un gioco teso esclusivamente alla rottura definitiva di quel filo che, sebbene sottile, era fondamentale al mantenimento della qualità della vita del cittadino di Palermo.

Prosciugare le risorse economiche e sociali di una città che non ha industrie, non ha commercio, non ha turismo e ha cultura ad anni alternati, tipo bisestile, significa ucciderla. Ma tutto apposto. Mancano il coprifuoco, Joker, Pinguino e i militari agli angoli delle strade (quelle buone però, che negli anfratti del centro storico non ci vanno, cuor di leoni) poi si che possiamo candidarci a capitale europea della cultura. Ci vediamo nel 2019. Intanto, adesso che questa urgentissimo provvedimento ha posto fine ai disordini selvaggi della Gomorra (ma anche Sodoma) sicula possiamo parlare del reale cancro della città: i birilli del foro italico, si stanno scolorendo, non va.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI