PALERMO – Sentenza confermata. Condannato a 15 anni di carcere, nonostante la Procura generale di Palermo ne avesse chiesto 25. Damiano Torrente, pescatore della borgata marinara dell’Acquasanta, era imputato dell’omicidio di Ruxandra Vesco, 38 anni, di origine rumena, sparita nel nulla nel 2015. Nessuno ne aveva denunciato la scomparsa. Nel 2017 Torrente portò i poliziotti della squadra mobile su un dirupo del Monte Pellegrino, facendo ritrovare i resti della donna, chiusi in un sacco nero.
Confessione e ritrattazione
L’imputato, che aveva prima confessato, per poi ritrattare, aveva ammesso di averla strangolata e di avere fatto sparire il corpo, portandolo in auto sul promontorio che sovrasta Palermo. Anche in Corte di appello l’avvocato Alessandro Musso ha ottenuto le attenuanti generiche per il suo assistito. Non ha retto, però, la tesi che la personalità narcisista di Torrente lo avrebbe portato a vantarsi anche di delitti efferati mai commessi.
“Voleva denunciarmi”
L’omicidio risaliva al 2015. Il pescatore in un racconto macabro e denso di particolari disse di averla strangolata con una corda (“Voleva denunciarmi e l’ho uccisa”), ma poi si rimangiò tutto. “Io Alexandra Vesco non l’ho mai conosciuta, io ho conosciuto la sua storia, io ho raccontato la sua storia, sono stato così stupido – disse – da fare ritrovare quello che mi era stato riferito. Mi era stato riferito e mi era stato indicato come posto, io sono stato così stupido da fare ritrovare quello per una cosa mia, una cosa cristiana, una cosa soltanto mia, io questo ho detto al prete, se parlate del prete parlate di un altro processo”.
“Presidente, io le dico con la mano sul cuore che non l’ho mai conosciuta questa Ruxandra – aggiunse – … gli spiego una cosa, il danno, che cosa ho fatto io. Io l’ho fatta rivivere questa Ruxandra, pensando, dicendo che era una alcolizzata che non so se era alcolizzata, che era una meretrice e non so se era una meretrice, che era come la volevo io, quello è, il discorso è quello…”.