PALERMO – Tutti condannati, tranne un imputato, ma a pene inferiori rispetto alle richieste dalla pubblica accusa. Si chiude il processo di primo grado su un giro di droga comprata nel quartiere Zen 2 di Palermo e spacciata a Carini. Oppure la consegnavano a domicilio persino con un autocompattatore della Rap.
La sentenza in abbreviato è del giudice per l’udienza preliminare Clelia Maltese. L’indagine dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria lo scorso settembre sfociò in un blitz.
Queste le condanne: Khemais Lausgi 4 anni (avvocati Riccardo Bellotta e Raffaele Bonsignore), Salvatore Lo Franco 3 anni, Antonio Lo Franco 5 anni e 10 mesi, Francesco Alamia 5 anni e 8 mesi, Maurizio Sciortino 4 anni e 2 mesi (ex dipendente Rap, c’era lui alla guida dell’autocompattatore), Antonino Giuffrè 3 anni e 4 mesi (difeso dall’avvocato Giuseppe Raimondi, la pena -meno pesante della richiesta – per effetto della derubricazione in cessione di droga leggera, così come richiesto dal legale, è in continuazione con una precedente condanna), Antonino Velardi 2 anni e 8 mesi (difeso dall’avvocato Giovanni Marchese, per lui erano stati chiesti 10 anni), Francesco Gelfo 1 anno e 6 mesi. Assolto Maurizio Di Stefano, difeso dall’avvocato Elena Gallo.
L’operazione “Africo”, così era stata denominata, fotografò un periodo compreso fra l’inizio del 2018 e la metà del 2019. Gli imputati avrebbero spacciato fino a 100 dosi al giorno di cocaina, hashish e marijuana per un fatturato annuo stimato in un milione e mezzo di euro. Alcune consegnate anche con un autocompattatore.
Lausgi era un volto noto. La guerra fra bande che si contendevano le piazze dello spaccio nel 2016 provocò un conflitto a fuoco per le strade dello Zen e il tunisino di origini, ma palermitano di nascita, fu ferito a colpi di pistola mentre si trovava in via Costante Girardengo.
Era diventato un ras della droga e qualcuno non gradiva. Ma i suoi affari non si erano fermati. Con la droga ha costruito una fortuna, compresa una villa finita sotto sequestro.