Palermo, la fuga di Auteri è finita. Carte riservate in mano ai pm

La fuga del boss è finita. Documenti riservati in mano agli investigatori

Cosa c'era nel covo di Auteri, considerato il capo a Porta Nuova

PALERMO – Un capo in piena attività in uno dei mandamenti mafiosi più importanti della città, Porta Nuova. Giuseppe Auteri, arrestato ieri dai carabinieri, non era un boss defilato e impegnato solo a nascondersi. Deteneva lo scettro del potere. Lo dimostra la documentazione trovata nella casa dove è stato scovato dai carabinieri. “Materiale di grande rilevanza investigativa” che adesso sarà analizzato dai militari del Reparto operativo e del Ros. Così come il suo cellulare che potrebbe svelare la rete di contatti.

Ieri pomeriggio il blitz. I militari del Nucleo investivo hanno avuto la conferma che al secondo piano del civico 6 di via Giuseppe Recupero ci fosse il latitante. Il procuratore Maurizio de Lucia e l’aggiunto Marzia Sabella hanno dato il via libera all’operazione. Le tapparelle erano rigorosamente abbassate anche di mattina, quando di solito si sfrutta la luce del sole per illuminare gli ambienti. All’esterno la palazzina si presenta fatiscente, all’interno la casa è piccola ma confortevole. Auteri aveva, non addosso, un revolver calibro 35 e quindici colpi. Una sola porta di accesso e nessuna uscita secondaria o via di fuga. Non ha opposto resistenza. A differenziarlo dalla foto segnaletica di un decennio fa i segni del tempo che passa e la barba incolta.

Era in fuga da settembre 2021, ben prima che nel luglio 2022 divenisse ufficialmente latitante. Sapeva che la sua libertà era una cambiale in scadenza. Ad aprile 2020 si capì che Auteri aveva scalato le gerarchie a Porta Nuova. La scarcerazione di Tommaso Lo Presti, detto “il lungo”, segnò anche il suo ritorno. Da quel momento affiancò nella gestione della cassa Giuseppe Incontrera, crivellato di colpi alla Zisa. “Li devi segnare, vedi, io me li sto segnando”, diceva Incontrera ad Auteri. I documenti trovati nel voco nella zona di via Oreto potrebbero essere la contabilità del clan.

La collaborazione con Incontrera non andò subito bene. “I soldi di Ballarò… sta facendo perdere tutto, il pazzo”, si sfogava Incontrera con la moglie Maria Carmela Massa. Ne aveva discusso con il reggente Giuseppe Di Giovanni e quest’ultimo si era rivolto in maniera sprezzante nei confronti di Auteri: “Gli fai buttare il sangue”.

Eppure qualche giorno dopo Auteri era subentrato allo stesso Incontrera nella raccolta dei soldi destinati ai detenuti: “Ora per la tua bontà gli devi levare 200 euro per mio cognato e se glieli vuoi regalare tu 200 euro a mio cognato”. Stava parlando del detenuto Ivano Parrino.

Nel gennaio 2021 sarebbe avvenuto, su disposizione di Lo Presti, il definitivo passaggio di consegne della cassa del mandamento fra Incontrera (“Mi sto allibertando a tutti”) e Auteri che era ormai latitante. Restava un ostacolo alla sua definitiva ascesa al potere ed è arrivata prima con l’arresto di Giuseppe Di Giovanni e poi con il divieto di dimora che è stato importo a quest’ultimo dopo la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare.

Dallo scorso luglio Di Giovanni, fratello dei capimafia Gregorio e Tommaso, è costretto a vivere in Calabria. Auteri è diventato l’unico uomo forte in circolazione. Accorto ma capace di dettare gli ordini. Chi sono i suoi uomini fidati? La casa era stata messa a disposizione da qualcuno fuori dai circuiti criminali. Qualcuno di cui fidarsi, però, ed che sapeva di potere contare su vicini di casa particolarmente discreti.


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