Palermo, i gemelli della droga e la telefonata che ha svelato i traffici

Palermo, i gemelli della droga e la telefonata che ha svelato i traffici

Così è nata l'indagine che ha portato a 21 arresti

Palermo, stazione degli autobus, ottobre 2019. Gli investigatori trovano uno zainetto con più di un chilo di droga. Cocaina purissima. Qualche giorno dopo giunge una telefonata al centralino della caserma Mazzarella, sede del gruppo Pronto impiego della finanza.

Una donna, dal marcato accento palermitano, chiama da un telefonino. Protesta per la mancata pubblicazione dell’articolo sul sequestro della sostanza stupefacente. Davvero strano. Facile ipotizzare che tema ripercussioni, che qualcuno le possa contestare di avere rubato gli stupefacenti. Il telefono finisce sotto controllo.

Da qui è partita l’indagine che stamani ha portato all’arresto di venti persone. Una è ancora irreperibile. Per quel carico non consegnato i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria individuano le presunte responsabilità di Alessandro Genuardi e della moglie Maria Rosa Cardinale. Le successive indagini, coordinate dalla Procura di Palermo, faranno emergere i rapporti con i gemelli Giuseppe e Salvatore Fascella della Guadagna. E tra questi e i Barbaro di Bovalino, in provincia di Reggio Calabria. Un grosso giro per portare a Palermo dieci chili di cocaina al mese.

I gemelli della droga

I gemelli Fascella, legati alla storica famiglia che ha sempre trafficato droga per conto della mafia, sarebbero stati i leader del patto con i calabresi. Ai loro ordini avrebbero risposto le altre pedine dell’organizzazione. A cominciare da Veronica Cusimano e Salvatore Orlando, i due incensurati incaricati di mantenere i rapporti con la cellula calabrese della droga.

I Barbaro sono noti alle cronache. Sono imparentati con Domenico Giorgi, ritenuto il capo della ‘ndrina boviciani di San Luca.

L’incontro a Palermo

Giuseppe e Pasquale Barbaro nel marzo 2021 hanno partecipato ad una riunione a Palermo. C’erano i rispettivi figli, Francesco e Rocco Pio, i fratelli Fascella, Cusimano e Orlando. C’erano stati dei sequestri, ma i calabresi tranquillizzavano i palermitani: “… voi di qua non c’è nessun problema e noi possiamo camminare con gli occhi chiusi siamo tranquilli diceva”, Giuseppe Barbaro.

In realtà c’era stato un rallentamento nelle consegne, tanto che Salvatore Fascella protestava: “… no perché sono quattro anni, cinque anni che hanno guadagnato i soldi con noi”.

Momenti di attrito ci furono pure quando alcuni catanesi avevano spedito i soldi per il pagamento di una partita di droga. Erano meno di quanto pattuito. I palermitani prendevano le distanze da quell’ammanco e dai catanesi. I Barbaro capirono: “Mi dovete scusare, vi chiedo umilmente scusa di quello che è successo… vi prego di accettare le scuse però ho dovuto fare così per avere la certezza”.

La certezza di potersi fidare dei Fascella che, dal canto loro, li rassicurarono: “… gli altri non ci interessa… la dignità è la prima cosa ci interessa il rispetto che noi abbiamo come un fatto d’onore… siamo una famiglia”, diceva Salvatore Fascella.

A ciascuno spettava un ruolo preciso. Vincenza Denise Bonanno e Antonino Pilo, ad esempio, si occupavano di custodire la droga nella loro abitazione di via Villagrazia. Un servizio ripagato 500 euro a settimana. Nell’ottobre 2021 in casa i finanzieri trovarono 3,4 kg di cocaina.

L’allarme dei residenti

Il telefono dei finanzieri squillò una, due, tre volte. Dall’altra parte della cornetta c’erano persone stanche di vivere in via Villagrazia, dove c’era un viavai di clienti. Gente perbene stufa di vivere in un contesto di forte degrado.

La cocaina era nascosta in un’intercapedine del tetto della casa. Piazzata dai pusher avrebbe fruttato 180 mila euro.


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