Palermo, l'arresto dei Guttadauro: in viaggio col papà boss

Palermo, l’arresto dei Guttadauro: in viaggio col papà boss

Padre e figlio pedinati dai carabinieri del Ros

PALERMO – “Io ho capito che uno dei figli facesse di tutto per essere intraneo alla famiglia mafiosa”, ha raccontato il pentito Filippo Bisconti. Le indagini dei carabinieri del Ros fotografano il rapporto fra Giuseppe Guttadauro e il figlio Mario Carlo.

Da ieri il primo è agli arresti domiciliari (gli sono stati concesso perché ha 73 anni e non ci sono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza) mentre il secondo, che di anni ne ha 33, è finito in carcere per mafia.

Ed è nel rapporto padre-figlio che si trova il cuore dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo sfociato nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Claudia Rosini.

Mario Carlo, il più piccolo di quattro fratelli, è rimasto a vivere ad Aspra, una frazione di Bagheria. Gli altri fanno la spola con il Marocco dove gestiscono un’azienda di lavorazione del pesce. Gli incontri e i dialoghi di padre e figlio sono stati monitorati. Gli investigatori li hanno seguiti persino quella volta, nel gennaio 2019, che da Roma raggiunsero Palermo a bordo di una Citroen C3 Picasso.

A Roma il “dottore” (ex primario di Chirurgia all’ospedale Civico) si era trasferito a vivere dopo avere finito di scontare la condanna per mafia. Ha fatto finta di essersi lasciato il passato alle spalle.

“Mi cerca il figlio del dottore”, diceva Salvatore Drago Ferrante, pezzo grosso del traffico di droga. Era il 2015. Già allora il desiderio di Guttaduaro jr di divenire operativo sarebbe stato esaudito.

L’ex poliziotto di Falcone divenuto killer

Quando si è pentito Pasquale Di Salvo, ex poliziotto della scorta di Giovanni Falcone divenuto killer di mafia, ha riferito che il peso di Giuseppe Guttadauro arrivava fino al mandamento di Bagheria, contiguo con quello di Brancaccio. E così quando qualcuno non gradì la nomina a reggente di Nicolò Testa il “dottore” fece giungere il suo pensiero, attraverso il figlio, a Drago Ferrante: “… mi dice Drago è venuto il figli del dottore e mi ha detto di mettermi a disposizione (di Testa) per qualsiasi cosa in riferimento al discorso cocaina”.

Mario Carlo Guttadauro acquisiva informazioni a Palermo e faceva il resoconto al padre, a cui riferiva che “Mimmo (Domenico Macaluso) è la spada con la punta, gli dico vai là e lui va là e fa tutte cose”.

Il figlio era l’ambasciatore del padre. E così una volta tornato a Palermo avrebbe dovuto dire a un imprenditore edile che “che mio padre sa che ogni tanto ti chiami ad altri perché non ti chiami a Giulio che è mio cugino?”.

L’incontro con il boss

Più esplicito Mario Carlo avrebbe dovuto esserlo nel trattare la faccenda che riguardava l’apertura di una pompa di benzina: “Dice mio padre se è per questo non voglio rotto i c….”. Fu Mario Carlo Guttadauro a incontrare Luigi Fabio Scimò, vecchio amico del padre e reggente del mandamento di Brancaccio fino al suo arresto, per cercare di risolvere la faccenda del progetto di fronte il centro commerciale Forum, per cui alla fine decisero di fare un passo indietro. Il progetto di un altro imprenditore era ormai troppo avanzato per bloccarlo.

Le parole contro il pentito

Giuseppe Guttadauro si confidava con il figlio. Ad esempio quando se la prendeva con Francesco Colletti, capomafia di Villabate, “questo capo di tutto… neanche un giorno di carcere si è fatto e già si è pentito”.

Mario Carlo era uomo delle trame e degli incontri, ma anche del lavoro sporco. Anzi sporchissimo: sarebbe stato lui il mandante di un pestaggio subito da un commerciante di caffè. “Ha cominciato ad abbanniarmi”, diceva. L’offesa ad alta voce fu punita.

Lo zio imparentato con il latitante

Forse è anche per questo, per le capacità dimostrare la sua forza sul campo, che Guttadauro padre aveva deciso di investire sul figlio. Che temeva di essere spiato. “Pensi che ti controllano?”, gli chiese una volta un amico e lui rispose: “Ma certo, ho il parente del mio parente che è il più importante latitante che c’è. Il secondo del mondo, il più importante che c’è in Italia”. Parlava dello zio Filippo che ha sposato una delle sorelle di Matteo Messina Denaro.

In ballo c’era uno “scarico a Rotterdam”: “Questi salgono 100 chili al mese. Allo scarico funziona così. Ci sono i doganieri, che prendono il 25 per cento”. I Guttadauro, padre e figlio, guardavano al mercato della droga.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI