Palermo, il medico aggredito: "Mi ha massacrato, tornerò in campo" - Live Sicilia

Palermo, il medico aggredito: “Mi ha massacrato, tornerò in campo”

Il racconto dell'orrore: "Ero in un bagno di sangue"

PALERMO – “Mi ha staccato a metà l’orecchio destro, ho un taglio dalla guancia alla parotide. Un taglio sotto la palpebra destra, ho rischiato di perdere l’occhio. Una trentina di punti al capo, mi ha colpito prima in testa. Mi sono parato col braccio sinistro e mi ha tagliato i tendini della mano”. È il racconto dell’orrore di Alfredo Caputo, primario di endocrinologia aggredito nel reparto al Cervello. È pronto a tornare in campo, ma c’è paura in corsia. E alle istituzioni dice che…

Dottore, come sta adesso?

“Sto meglio, ho dolori alle ferite, febbricola, mia figlia che è medico specializzanda al quarto anno, anestesista, è a casa con me. Ho fatto quattro ore di sala operatoria il primo giorno. Un’ora il secondo giorno.

Com’è stato il ritorno a casa?

“Farò la terapia antibiotica a casa. Hanno tolto i drenaggi dalle ferite, sono dottore e ho mia figlia che mi cura”.

Cosa è accaduto quella sera?

“Mi ha staccato a metà l’orecchio destro, ho un taglio dalla guancia alla parotide. Un taglio sotto la palpebra destra, ho rischiato di perdere l’occhio. Una trentina di punti al capo, mi ha colpito prima in testa. Mi sono parato col braccio sinistro e mi ha tagliato i tendini della mano. Il collega Mazzola ha riattaccato i tendini della mano che è ingessata. Nella sfortuna è andata bene, perché se scendeva di tre centimetri dall’orecchio avrebbe leso la carotide e non saremmo stati qui a discutere. Sto provando a guardare il bicchiere mezzo pieno”.

Cosa l’ha ferita di più?

“Se vieni a curarti devi avere fiducia. Avevano bocciato la diagnosi del delinquente al Policlinico e per questo è venuto da me che ho vinto il tragico sorteggio. La prima prescrizione gliel’ho fatta, ma dicendogli che per fare il piano terapeutico volevo esserne convinto. Gli avevo chiesto un paio di giorni, gli avevano aumentato la posologia, è una terapia rischiosa. Non possiamo prescrivere una terapia per la quale la diagnosi non sia corretta. Sono farmaci molto delicati e costosi”.

Poi è salita la tensione?

“Lui si è alterato, come se non volessi dargli il farmaco. Poi è tornato e mi ha fatto un agguato. Questo delinquente aveva avuto la negativa nell’altro ospedale, mi esibiva solo il primo referto di Milano”.

C’è stato un momento in cui ha avuto paura di non farcela?

“La dinamica è stata questa, l’infermiere mi aveva segnalato una telefonata. Ero seduto alla scrivania, mentre telefonavo questo entrava come un fulmine, prima mi colpiva alla testa, poi ha continuato non so con quanti pugni e quanti tagli, in maniera precisa. Quando ho tentato di rialzarmi, dopo che mi aveva massacrato, era scomparso. Ho iniziato a urlare aiuto in un bagno di sangue. C’era sangue ovunque”.

Ha ricevuto molta solidarietà

“Non so quante centinaia di colleghi, pazienti, amici, si sono fatti sentire. Mi dispiace che nei primi due giorni non sono riuscito a rispondere a tutti”.

Qual è il clima in ospedale?

“C’è la preoccupazione dei colleghi. Io ho fatto il medico, è questa la cosa allucinante. I miei colleghi sono terrorizzati. La collega che era di turno sabato ha chiesto che un altro medico fosse presente accanto a lei. Io pur essendo primario mi faccio i turni. C’erano due medici in ambulatorio e due infermieri: sono spaventati molto. È spaventato anche l’endocrinologo del Policlinico, è sconvolto, chi ha colpito è a piede libero. Poteva capitare anche a loro”.

Cosa chiedete alle istituzioni?

“Di aumentare le misure di sicurezza, non si può continuare così, la scorsa settimana un collega ha perso un occhio. Nel giro di una settimana due fatti gravissimi, prima o poi ci scappa il morto se non si aumentano le misure di sicurezza. Se il medico consiglia una cosa, fa il suo lavoro. La totalità dei medici vuole curare, non esistono fatti economici, di carriera. Vogliamo solo gestire i pazienti al meglio, quando ti aggrediscono in questa maniera c’è delusione e amarezza”.

Lei cosa farà?

“Mi riprenderò, tornerò in campo. Lo devo”.


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