Perfino le parole sono cenere, cose annerite, rimaste tra le suppellettili di una casa-vita bruciata. Perché quando un luogo si dissolve, sotto la furia del fuoco, una parte dell’esistenza segue quel destino.
Non rilascia dichiarazioni il professore Adelfio Elio Cardinale, personalità pubblica, come la moglie, il magistrato Annamaria Palma. Non aggiunge nulla sulle fiamme (nella foto di stamattina) che hanno distrutto l’appartamento di via Quintino Sella, il ritrovo prezioso di una famiglia. E ha ragione: troppo forte è stato il colpo. Si resta ammutoliti.
Al telefono, il professore, offre la garbata squisitezza di sempre. Una postura di consuetudinaria gentilezza non stravolta nemmeno da un evento estremo. Lo stesso atteggiamento di rispetto davanti ai giornalisti in campo, accorsi sul teatro di una disgrazia.
Quello che trapela, in attesa di un quadro più compiuto, sul rogo provocato forse da una stufetta, è il rumore dei passi di una fuga precipitosa, dopo il primo e violento divampare. Non ci sono state vittime, per fortuna, ma un tesoro culturale è stato smarrito per sempre.
Lo ha riconosciuto il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, accorso sul posto, con il presidente della Regione, Renato Schifani: “Fortunatamente è andato tutto bene però perdiamo un patrimonio dal valore inestimabile per i libri che sono andati distrutti”.
Dal canto suo, il presidente Schifani ha espresso: “Il più vivo apprezzamento per l’impegno e la tempestività con cui i vigili del fuoco hanno affrontato un significativo incendio, garantendo il contenimento delle fiamme e la sicurezza dei residenti del luogo”.
Tra parole e macerie, ce ne viene in mente una nitida: coraggio. Il coraggio di chi ha affrontato il fuoco, riuscendo a circoscriverlo, evitando una tragedia compiuta. Chi ha visto un mondo avvampare intorno alla sua casa, sa quanto sia terribile trovarsi faccia a faccia con il calore incandescente.
Il coraggio che ci vorrà sopra la cenere, per riprendersi e ricostruire, nelle biografie coinvolte in una dissolvenza. Tante persone stanno esprimendo affetto, sui social, superando certo malmostoso chiacchiericcio che pretenderebbe di misurare la sofferenza con un valore inversamente proporzionale alle posizioni di rilievo.
A quell’affetto ci uniamo con il nostro. Tanto tempo fa, abbiamo imparato che il dolore appartiene a tutti. Come la speranza.