Palermo, il latitante e i soldi alla moglie del boss: l'accusa cade

Il latitante e i soldi alla moglie del boss detenuto: l’accusa non regge

Il caso nasceva da un'intercettazione in carcere
PALERMO
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PALERMO – Ricorso inammissibile. La Cassazione conferma la decisione del Tribunale del Riesame che ha annullato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria che era stato imposto a Rita Massa, moglie di un boss detenuto.

“Vassoio mi ha dato 200 euro ieri sera”, spiegava Rita Massa al marito Ivano Parrino durante un colloquio in carcere. “Vassoio” è il soprannome di Giuseppe Auteri, arrestato dopo un anno e mezzo di latitanza, che per un periodo ha gestito la cassa del mandamento di Porta Nuova. Parrino ne parlava anche con Giuseppe Incontrera, boss assassinato alla Zisa, sposato con la sorella di Rita Massa. Bisognava ricordare a “Vassoio che per la fine del mese… a casa i problemi ci sono”.

La donna non era l’unico parente di detenuto per mafia a ricevere soldi. Secondo l’accusa, si poteva contestare l’ipotesi di ricettazione. I supremi giudici concordano però con il Riesame: “Non si tratta di un sostentamento continuativo” e “il significato dell’intercettazione nella quale si parla chiaramente della dazione di una somma alla Massa non è univoco, al contrario essendovi la possibilità di una lettura alternativa, laddove gli interlocutori precisano che la somma non proviene ‘di là'”.


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